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La scienza è "sottoclasse delle regole di un sapere particolare": l'epistéme è più ampio, mentre la scienza descrive, la conoscenza spiega. Si rassegnano "le ragioni storiche": antichità, modernità fino alla contemporaneità con "lo sconvolgimento quantistico" ove le solide basi causa-effetto vacillano. Anche nelle altre discipline cambiano le concezioni (ad es. nella statistica: da quella stocastica a probabilistica); Con la realtà virtuale salta la logica aristotelica, nel cambiamento gnoseologico circa la costruzione della realtà. La recente fisica con l'atto percettivo della rilevazione del fenomeno da descrivere ne seleziona, tra tante possibilità, una; "la realizzazione fenomenica è quella percepita" e ogni percezione diventa imprecisa per effetto di quello unico che definisce una unica realtà. Altro problema: il linguaggio tra percepibile e non percepibile, ma pensabile. Eccoci al concetto di differenza che presuppone quello di percezione, evidenziando la relazione come differenza che "risulta tra parti distinte cioè ordinate dalla reciproca interdipendenza".La realtà coincide con l'accadimento fisico non con l'osservatore (il comprendere più che apprendere), più esattamente "c'è la realtà costituita dalle relazioni interconnesse degli stati di esperienza". "Il linguaggio ordinario è polivoco, quello scientifico univoco: il primo abbraccia molti contesti e il secondo uno soltanto. Si stabilisce in tal modo una proporzionalità inversa tra esattezza scientifica e comprensione della realtà: quanto più limitata è la classe dei sensi, tanto meno ampio è il significato e, quindi, la comprensione della realtà". Ne viene che lo stesso concetto di "regola" è "la classe dei sensi del significato del termine 'regola'" ovvero "che la regola base del conoscere consiste nel porre il limite di coerenza logica tra 'interno' ed 'esterno' al con-fine, cioè al termine condiviso nella relazione osservativa. Il che ci rende padroni e facitori della forma, non mai della materia".
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