Ogni approccio alla concezione medievale dell'aldilà presuppone che ci si debba confrontare con una tradizione che è andata formandosi nei secoli a partire dalle radici giudaico-cristiane, con influenze filosofiche classiche, e interagendo con un sostrato di cultura popolare a sua volta innervato da suggestioni e timori archetipici. Oltre alle rare fonti scritturali e alla letteratura apocrifa vetero- e neotestamentaria, le rappresentazioni medievali dell'aldilà si sono nutrite anzitutto delle visiones, racconti di esperienze ultraterrene in stato di morte apparente o di sonno. Le modalità di produzione di questi documenti sono complesse e vi si possono riconoscere almeno due attori principali: il visionario vero e proprio e il redattore del resoconto scritto di quell'esperienza, ma il testo può essere stato poi rielaborato, messo in versi, epitomato, riscritto e inserito in una cornice diversa. Ognuno di questi passaggi è segnato da un sistema composto di filosofici e dottrinali, canoni letterari ed estetici, elementi della cultura popolare, oltre che l'esperienza personale del visionario. Da Jacopo Alighieri in poi, la Commedia è stata confrontata con la letteratura visionaria secondo diversi approcci culturali ben riassunti (da Luca Marcozzi, che è anche traduttore) nell'introduzione al libro di Morgan. Questo, scritto nel 1990, può apparire originale rispetto a molti studi precedenti per essere impostato secondo la tesi di Gurevič, per il quale la tradizione relativa all'aldilà non è costituita solo da testi, che, insieme con le rappresentazioni visive, riflettono l'interazione tra le credenze popolari e la dottrina. Seguendo questa impostazione Morgan ha delimitato drasticamente il campo di ricerca, insistendo sull'elemento "popolare" contrapposto a quello erudito. Questa distinzione a priori esclude le opere teologiche e filosofiche, permettendo una trattazione più agile nel raffronto della Commedia con i testi della tradizione visionaria, anche se Agostino e Tommaso d'Aquino finiscono per entrare???entrarvi solo marginalmente, nonostante il loro ruolo nella definizione dell'aldilà medievale. Lo studio si articola in cinque capitoli dedicati ai motivi topografici dell'aldilà (il calderone, la presentazione di Satana, l'usura, i fiumi infernali, il ponte, la scala), i suoi abitanti, la guida ultraterrena, la classificazione dei peccati, la montagna del Purgatorio e la rappresentazione del Paradiso. Ognuno dei capitoli rintraccia gli antecedenti tradizionali dalla Visio Pauli fino agli ultimi documenti tra il XII e il XIII secolo, una cronologia conseguente alla considerazione delle visiones come esperienze vissute e non come testi letterari. Tuttavia, nonostante l'esclusione programmatica dei testi letterari e colti, rientra però nel campo d'indagine, oltre a Bonvesin della Riva, anche Giacomino da Verona, citato fra gli antecedenti della quinta bolgia dantesca. Il libro si dimostra un importante strumento che si affianca agli studi di Peter Dinzelbacher e di Maria Pia Ciccarese, efficace nella ricostruzione, attenta e metodica, dei dettagli tradizionali e nel raffronto immediato con il testo dantesco. Tra i pregi del libro vi è una ricerca delle fonti mai banale, che recupera testi non conosciutissimi o trascurati, con il corredo di tavole fotografiche preziose per scelta e interesse. Giovanni Paolo Maggioni
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