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Confesso che sono stato curioso di vedere se la mia piccola recensione era stata pubblicata e oggi sono tornato nel sito. Ho così letto le altre recensioni e mi sono rinfrancato, perché sovente quello che piace ad una persona più non piacere ad altri. Chi mi ha letto ha capito che sono un romantico. Ma non è tutto. Ho prestato il libro e due altri amici l’hanno anche comperato. Abbiamo avuto occasione di scambiarci quasi per caso a lettura avvenuta una riflessione. Siamo tutti giovani universitari di lettere e ovviamente leggiamo abbastanza sia gli italiani sia gli stranieri e soprattutto selezioniamo (con fatica!) anche degli esordienti. Quello che non ho rilevato io l’ha rilevato Anna. Mi ha detto che potevo scrivere che sta preparando una tesi su Hesse e sul suo "Il gioco delle perle di vetro". Ha sottolineato che la prosa e lo stile del linguaggio della “danza” si stacca nettamente da una buona parte della letteratura contemporanea seppure “di evasione”, come la definisce modestamente l’autore. Ma forse è meglio non chiamare questa letteratura, facendo riferimento a molti recenti lavori pubblicati anche da editori di primo piano, i cui autori assegnano al linguaggio crudo e sovente anche scurrile e urtante il ruolo di stupire, ipotizzando di trovare più facilmente un complice compiacimento nel lettore. In questa “danza” non scappa addirittura nemmeno un “perbacco!”. Se nella bocca di un pappone o di una prostituta si possono con riserva e sempre e solo con maestria mettere vocaboli sconci, quando l’io narrante ne fa uso gratuito in prima persona, il testo si classifica da solo e non certo bene. Siamo tutti d’accordo. Se mai un giorno faremo parte della giuria dello Strega, stroncheremo tutti i lavori carichi di parolacce (se gratuite!). Il voto è collettivo! Francesco
Dopo aver letto il thriller di questo esordiente (sfogliato per caso in libreria: mi ha incuriosito l’impostazione dell’indice), la prima considerazione che ho fatto deriva sicuramente dalla deformazione professionale, in quanto insegno letteratura. Mi ha sorpreso infatti proprio l’impostazione della struttura del racconto, ingrediente basilare per rendere armonica e traente una narrazione. Di norma un esordiente non è in grado di maneggiarla in modo così sciolto. Il testo è organizzato su tre livelli gerarchici (le cinque parti, i capitoli, la ricorrente copiosa datazione degli eventi) e l’intreccio è sia ad incastro sia a storie parallele. Lo svolgimento è tutto a punti di vista interni, cioè ciascuno dei personaggi principali usa l’io narrante. Quest’ultimo aspetto specie nelle prime pagine credo lasci un po’ interdetto il lettore, che bruscamente deve cambiare il punto di vista, mettendosi ogni volta nei panni dell’interlocutore di turno. Infine, l’uso dell’intreccio ad incastro rivela passo dopo passo mosse e contromosse e questo mettere allo scoperto le successive reazioni dei “buoni” e dei “cattivi” anziché togliere la suspence, la aumenta. Il testo non lascia sottintesi per aiutare il lettore ad intuire, ma ogni poche pagine avviene una svolta inaspettata nelle vicende. Così mi sono incuriosita ed ho cercato di scoprire chi è e cosa fa l’autore, gli ho mandato una e-mail, lui mi ha risposto molto cortesemente ed ho svelato l’arcano. E’ un maturo e sperimentato ingegnere sistemico e fisico ed ha al suo attivo decine di testi o scritti o curati o tradotti e quindi la sua abilità progettuale è stato in grado di riversarla ora anche sul versante della fiction. Suggerirei alle scuole di scrittura creativa di usarlo come libro di testo non tanto per quel che riguarda l’analisi testuale o strutturale (quest’ultima da non confondere con lo studio della “struttura” come l’ho descritto) bensì per l’insieme armonico e ben dosato della vicenda, che potrei sintetizzare in “buon mestiere”! Ada Della Libera
I titoli dedicati alla Cina cominciano ad essere numerosi, ma sono più frequentemente saggi economico-politici. Questo dinamico thriller merita una segnalazione perchè si pone sulla scia degli scritti di Federico Rampini, un profondo conoscitore dell'Oriente. Nel suo saggio "Il secolo cinese" Rampini conclude scrivendo che nel nostro secolo la Cina si sta inserendo nel posto che le spetta: il centro del mondo. E Buzzelli, attraverso il protagonista del suo lavoro, tenta l'impossibile per trovare un equilibrio mondiale. Ma fa anche un ardito passo avanti e sottolinea molto esplicitamente il diritto di poco meno di un miliardo e mezzo di esseri umani di poter acquisire un livello economico accettabile. Non dimentica gli indiani, un altro miliardo di esseri viventi che in buona parte vivono sotto il minimo livello di povertà. A discapito dei Paesi opulenti? E perché no? Il protagonista Martino Benni non tace a tal proposito e conferma che siamo noi che sfruttiamo il lavoro sottopagato indo-cinese per consumare, vestirci, divertirci, sprecare. Per quanto concerne questo aspetto, il lettore troverà una sorpresa e non potrà non approvare il comportamento e le conclusioni del protagonista. Il finale? Una bomba: non lo potrete mai indovinare fino all’ultima pagina! Oltre ad essere avvincente e ben scritto, molto puntualizzato, con un linguaggio scorrevole, questo libro dovrebbe essere più publicizzato. Marco
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