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recensioni di Mosca, U. L'Indice del 2000, n. 05
David Cronenberg è da sempre un cineasta puro, restio a compromessi, dapprima abituato a lavorare in un contesto, quello del cinema canadese degli anni settanta e ottanta, in cui una sorta di paradiso fiscale legato alla produzione cinematografica gli consentiva sperimentazioni linguistiche e audaci innovazioni sul piano del fantastico e del mostrabile. Oggi, con film ostici e lontani dalle predilezioni del grande pubblico (Il pasto nudo, M Butterfly, Crash, eXistenZ), ma soprattutto caratterizzati da una tendenza a rendere sempre più labile il confine tra realtà e sogno, reale e virtuale, concreto e immaginario, Cronenberg appare sempre più come cineasta di nicchia, che spesso suscita le reazioni scandalizzate di un pubblico sempre meno propenso a mettere in discussione quelle che considera le proprie certezze.
Senza contare poi che le proteste degli spettatori in qualche caso si innestano, come per Crash, su campagne di promozione miranti allo sfruttamento commerciale di quell'attitudine generalizzata alla pruderie che sembrerebbe tornata di attualità forse anche per un effetto di ritorno derivante da quel gusto un po' ipocrita nei confronti dello sbirciamento in segreto che costituisce la prima frontiera di un fenomeno come Internet. Naturale, quindi, che i navigatori della trasgressione di massa, regolata, classificata e giustificata proprio in virtù della sua "virtualità", si trovino spiazzati di fronte a opere che proprio dell'indistinzione tra le forme della realtà e quelle dei suoi simulacri fanno il loro punto di forza e di merito. E come ben si sa, la prima formula per esorcizzare qualcosa che si teme è il non accettarne l'esistenza.
A conferma delle nostre considerazioni, è interessante verificare come Serge Grünberg, uno dei maggiori critici cinematografici francesi, collaboratore dei "Cahiers du Cinéma", abbia aggiornato il suo volume dedicato a David Cronenberg con un saggio finale su M Butterfly, Crash e eXistenZ in cui, oltre a interrogarsi su analogie e differenze tra adattamenti e sceneggiature originali, si pone il problema della distinzione tra immagine reale e immagine mentale (siamo ancora nel gioco o ne siamo già usciti?) e, accostando Cronenberg a Lynch, della decisa non-narratività delle sue ultime opere.
Ed è proprio dal film di Cronenberg non-narrativo per eccellenza, Il pasto nudo, che Grünberg trae le prime mosse del suo percorso, andando a individuare nell'opera di William S. Burroughs (con Vladimir Nabokov, altro grande rifiutato dalla cultura americana, il maestro riconosciuto di Cronenberg) e nelle vicende che ne seguirono la pubblicazione, in particolare il processo per oscenità cui fu sottoposto negli Stati Uniti, il punto di partenza per delineare la poetica del cineasta e la sua attitudine alla ricostruzione ossessiva e maniacale dei dettagli: quello di Cronenberg è infatti un film sulla genesi del romanzo e sull'itinerario delirante seguito dalla creatività del suo autore. Da qui la ragione dell'esclusione di diversi passaggi del libro, perché, come sottolinea Grünberg, trattasi di "cose che appartengono ancora all'ambito di ciò che non può essere ancora preso in considerazione, di una pornografia troppo sovversiva per essere mostrata". Non è un caso che per comprendere appieno il lavoro di Cronenberg, e la sua tanto sbandierata incomprensibilità, valga la pena di riesumare le parole con cui Burroughs affermava che la letteratura ha cinquant'anni di ritardo sulla pittura, aggiungendo, seguendo lo stesso Grünberg, che dunque il cinema ha cinquant'anni di ritardo nei confronti della letteratura.
Assolutamente necessario risulta, a questo punto, sottolineare il paradosso di una produzione cinematografica che - sempre più (e di nuovo) destinata a un consumatore popolare (che tuttavia, rispetto a un tempo, si crede raffinato ed esperto di immagini) - se da una parte è tutta impegnata a perfezionare ulteriormente le modalità di rappresentazione e a codificare una serie di varianti sicure e interscambiabili, dall'altra tende gradualmente a restringere i confini dell'ammissibile e le forme e le strutture del rappresentabile.
Organizzato secondo costanti tematiche e relative figure cinematografiche prevalenti, il volume di Grünberg è fornito di una filmografia e di un indice dei film citati che permette di svolgere brevi percorsi monografici sui singoli film (15 lungometraggi, 2 cortometraggi, 4 regie televisive), procedendo trasversalmente all'interno dei contributi saggistici.
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