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Anno edizione: 2017
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È il primo romanzo scritto da una giovane Némirovsky nel 1929 e che ne ha decretato fin da subito il successo. Nel 1931 è stato tratto anche un film. Per me è sempre una garanzia leggere un libro di quest'autrice, una sorta di confort zone. È la storia di David Golder, diventato ricchissimo grazie alla speculazione finanziaria. Nomen open - Golder "d'oro" ha dedicato l'intera vita solo all'accumulo di denaro e al successo negli affari, pagando un prezzo altissimo: la mancanza di affetto della famiglia. Moglie e figlia, infatti, avide quanto lui, gli si rivolgono esclusivamente quando sono a corto di soldi da spendere negli ennesimi abiti di lusso, gioielli e pellicce. Finché, ormai anziano, in Golder si insinua il tarlo dell'insicurezza e della paura, che lo condaneranno alla solitudine fino alla morte. La penna della Némirovsky è lucida e spietata, con punte di straordinaria ironia, non fa sconti a niente e a nessuno nel delineare il crudele mondo del profitto, in cui cane mangia cane. La Némirovsky ha un tono sprezzante e caustico nel descrivere Golder e gli altri uomini d'affari, ebrei come lui. Ciò che ne viene fuori è il classico stereotipo dell'ebreo: assetato di denaro, una spregiudicata attitudine ai traffici, il gusto per gli affari, la capacità di risorgere continuamente dalle proprie ceneri, la paura della morte. Tutto ciò lo si ritrova anche nei suoi tratti esteriori: lineamenti rapaci e mani come artigli veloci ad afferrare e arraffare. Sono segni identificativi, caratteristiche cui non si sfuggono. È un giudizio molto duro, che suona come una critica e una denuncia al imite dell'antisemitismo. Può sorprendere, certo, ma a pronunciarlo è chi appartiene allo stesso popolo, com'è noto della Némirovsky, che bene conosce quella realtà, per averla vissuta dal "di dentro". Un finale cupo e amaro, non potrebbe essere diversamente, a chiudere il cerchio della storia e di un'intera vita dedita esclusivamente al Dio mammona.
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