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Partendo da un'analisi dei due miti di Medusa e Perseo e delle Sirene di Ulisse, Marco Revelli tenta di inquadrare la trasformazione che ha avuto il potere nella nostra epoca dominata da racconti postumi: "Perchè quello che si materializza nell'iper moderno storytelling non è il racconto redivivo, il "racconto salvato", è il racconto postumo. E' il racconto dopo la morte del racconto: il ritorno fantasmatico del significante dopo l'estinzione (l'indicibilità) del significato." Non semplice da leggere, ma vale tutto lo sforzo.
Complicato ma molto interessante. Un libro che non può essere di fretta e senza che il tempo svolga la sua funzione di formazione culturale.
Nel saggio M. Revelli porta in scena due miti per svelare l’aspetto invisibile e demoniaco del Potere. Nel mito della Gorgone Medusa è lo sguardo l’arma letale che induce la perdita di sé in un’identificazione pietrificante con il mostro. L’aspetto affascinante, immobile ed immutabile del potere è giocato dalla maschera. Essa guarda e riflette l’immagine in una simulazione perenne che reca intrinseca la paura d’essere smascherati congiunta al bisogno paranoico di smascherare gli altri per non esserne travolti. Perseo che decapita Medusa è l’eroe che riesce a dominare le minacciose passioni infere per portare il ragionevole ordine della polis. Dentro le mura della città avviene il passaggio di civiltà verso un ordine costruito consapevolmente attraverso l’elaborazione delle istituzioni fondanti. Sempre sostenuto da autorevoli fonti, M. Revelli ricostruisce il mitico incontro tra Ulisse e le Sirene, altra immagine di potere letale. Le Sirene cantano il potere che seduce “nell’esteriorizzazione pura del nudo desiderio”. La vittima è annientata per la caduta di distinzione tra la propria emotività e lo spazio pubblico. Solo con un artificio della ragione Ulisse si salva e questo segna il passaggio dal piano mitico a quello storico sociale. La bestialità non è annullata, ma resta latente. Di là M. Revelli ci riporta alla contemporaneità. Gli indicibili obbrobri del ‘900 hanno ridato vigore all’aspetto demoniaco del potere, decomponendo il discorso storico come racconto del passato e agente di civiltà. Per una società neo liberista il potere ha organizzato lo storytelling, collezione infinita di racconti artificiali incollati sulla realtà, senza echi interiori e senza simboli. Quest’arte di raccontare storie ha come fine esplicito di “conformare i comportamenti collettivi all’immagine del mondo di chi controlla i flussi comunicativi”. Unico baluardo all’omologazione selvaggia il riappropriarsi di simboli e di valori.
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