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I personaggi di questo romanzo, sorta di monoliti appena abbozzati, si muovono in una terra di nessuno creata dalla contrapposizione tra la cieca ed incolpevole crudeltà della natura e l'avida e consapevole crudeltà dell'uomo occidentale. Il mondo di Le Cleziò è un mondo ormai scomparso dominato da istinti primordiali e positivi. Le descrizioni sono affidate alla reiterazione ossessiva di alcuni particolari, all'elencazione, all'accumulo. Il mondo innocente e violentato, a cui torna La protagonista Lalla, dopo un incursione a Marsiglia, simbolo della civiltà occidentale, è il deserto ardente, dove la vita stessa è la sublimazione della natura e dei suoi spazi aspri e sconfinati, e tuttavia, incredibilmente, a misura d'uomo. Le parti più efficaci di questo particolarissimo romanzo sono quelle di assoluta spietatezza in cui la città francese viene vista in tutto il suo squallore e la sua sordida e spaventosa ferocia dagli occhi dei migranti. Un libello senza appello alcuno all'uomo che sta divorando il mondo in cui vive.
Confesso, io questo Le Clezio non l'avevo mai sentito nominare, ma quando ha vinto il Nobel ho deciso di fare ammenda e ho comprato un paio di libri suoi (questo e Il cercatore d'oro), addirittura in francese. Conclusione: secondo me ha ragione Citati, che lo ha giudicato "molto mediocre". Pagine e pagine di parole per lo più superflue, con un'enfasi da scolaretto. Da Stoccolma, un'altra fregatura.
l'avevo letto a scuola anni fa, l'ho riletto volentieri in questi giorni!
Recensioni
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