Ciò che vediamo fuori di noi e ciò che sentiamo dentro di noi è frutto di una serie determinata e determinabile di cause, oppure bisogna lasciare spazio al caso e all'imponderabile variabilità della volontà umana? La filosofia si è a lungo interrogata, e continua a interrogarsi, su questi temi, anche se le prospettive con cui li affronta variano nel tempo. Priarolo ha deciso di trattare questo problema in modo tematico, analizzando le teorie deterministe sull'universo, quelle sul rapporto tra Dio e mondo, quelle sui meccanismi che presiedono al funzionamento dell'individuo e della società. Cominciamo dalla forma forse più nota di determinismo, che riguarda il mondo naturale. Fin da Democrito la riflessione su questi temi si allaccia a quella sulla nozione di causa, ma nel fondatore dell'atomismo troviamo un'inedita, e per certi aspetti sorprendente, connessione tra il privilegiamento della causa efficiente e la presenza del caso: non esiste un disegno preordinato nell'universo, che quindi evolve per caso, ma ogni evento ha una causa. Per ritrovare qualcosa di simile, bisognerà attendere Darwin e la sua teoria dell'evoluzione delle specie (e poi Jacques Monod e le sue teorie sul caso e sulla necessità). I critici di Democrito si muoveranno lungo tre assi: ristabilire l'esistenza di un disegno intelligente che presiede alla formazione dell'universo; fare spazio alla libertà umana; elaborare una teoria della causalità che comprenda non solo la causa efficiente, ma anche quella finale. Tutte queste alternative al determinismo democriteo, però, si caratterizzano per il rifiuto dell'esistenza del caso e per l'accettazione invece del presupposto che ogni cosa esistente abbia una causa. Da questo punto di vista, nemmeno il meccanicismo dell'età moderna costituisce un semplice ritorno a Democrito perché, se elimina il ricorso alle cause finali per spiegare gli eventi naturali, non accetta nemmeno la presenza del caso. Sarà poi la lunga crisi della nozione di causa, a partire da Hume fino alla costruzione della scienza otto-novecentesca, a occuparsi di mettere in dubbio questo ideale epistemologico, introducendo una nozione statistica di causa e insinuando che soggetto osservante e oggetto osservato non siano completamente distinti. I capitoli successivi affrontano tipi di determinismo propri quasi esclusivamente dell'antichità e del mondo moderno, nel primo caso, oppure solo della contemporaneità, nel secondo: il necessitarismo teologico e quello antropologico. Entrambe queste forme di determinismo hanno un possibile forte impatto sulla concezione della libertà umana, ma il primo sembra più vicino al determinismo naturale per la sua universalità (la divinità determina tutta la realtà, in particolare le scelte degli individui), il secondo invece se ne discosta per concentrarsi esclusivamente sull'individuo. Ci interessa sottolineare due aspetti che emergono dalla presentazione fatta da Priarolo del determinismo teologico: in primo luogo, che esso può essere attivato anche in presenza di concezioni della divinità estremamente diverse. Si può pensare, come fa Agostino e, sulla sua scia, Lutero, che Dio scelga liberamente chi di noi sarà salvato e chi invece sarà condannato; si può invece credere, come Malebranche, che invece Dio agisca in base a leggi universali che non comportano scelte sui singoli; si può perfino, come vuole Spinoza, arrivare a identificare Dio e la natura, facendone la causa immanente della realtà. Chi però vorrà conservare la libertà di scelta all'individuo o a Dio, e non accetterà di identificarla con una semplice illusione prospettica o con l'autonomia, sarà costretto a affrontare ardui problemi filosofici e teologici, al punto che si potrebbe dire che il vero nucleo teorico di queste tesi sia non tanto la concezione della divinità, quanto quella della libertà. Una parte consistente di queste problematiche si ritrova in realtà anche nel determinismo antropologico: alla base sia della variante sociologica sia di quella psicologica, infatti, vi è l'idea che le azioni umane siano prevedibili in base a leggi conoscibili dalla scienza, e che quindi il nostro destino individuale sia già deciso. Entrambe queste varianti sono poi profondamente legate al positivismo, almeno nella loro fase iniziale: in quel clima nasce l'idea che i comportamenti individuali siano da interpretare a partire dai gruppi di cui gli individui fanno parte (variante sociologica) o che gli eventi psichici si possano spiegare e prevedere a partire dai dati anatomici. È la diffusione e la predominanza del paradigma genetico, omnipervasivo negli ultimi decenni, a riportare sulla scena un attore che ne era stato a lungo escluso: sotto le sembianze della mutazione genetica, si ripresenta il grande deuteragonista del determinismo democriteo, il caso. Del Prete
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