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Succede, o almeno a me succede, di ritrovarmi tra le mani un libro e di rimandarne l'inizio della lettura per mancanza di tempo, di umore, di coraggio. Specialmente quando è un libro che per aspetto o per contenuto induce a ritenerlo "lontano" dalle proprie preferenze letterarie. Succede poi, o almeno a me succede, a volte, di ritrovarmi totalmente assorto nella lettura appassionata di quello stesso libro, iniziato con tante remore... Mi è successo recentemente con un libro di "Poesia", che confesso ho cominciato a leggere, (e solo perchè perchè scritto da un amico), un po' titubante. Si tratta di "Di Terra, d'amore, di guerra", prima opera di Ivan Dantes. Si tratta di scrittura "classica" per stile, dove per "classico" s'intende, per dirla alla Eugenio Montale, ogni autore che domini e perfezioni una materia non sua e che risale, per forma e argomento, al passato. Gli argomenti sono invece, come riportato nel titolo di questa nota, che cita una definizione di Guido Gozzano, "le buone cose di pessimo gusto", intendendo le cose semplici, genuine, "di pessimo gusto" perchè leggermente borghesi, lontane da quella "nobiltà culturale" che predilige le "liriche celesti e celestiali, mitiche e mitologiche". Si racconta una "Boria di Rosa", dove la rosa in questione è proprio il fiore, si parla di un bosco, del vento, di una nuvola ma anche d'amore e di guerra, di morte e del proprio padre... Ed il libro è bello; bello davvero! Ho voluto di proposito citare Gozzano perchè anche lui aveva estrazioni d'annunziane, come Ivan Dantes, che di D'Annunzio ricorda anche certi colori, ed una certa cadenza ritmica nel racconto. Sono molte le affinità tra i due. Così come affinità ho riscontrato con Montale, anch'egli citato a proposito per l'apologia delle "idee", delle emozioni che si usano a testimonianza "dell'indagine sulla condizione esistenziale dell'uomo moderno" e che anche in Dantes è a tratti assai presente.
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