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recensione di Grilli, G., L'Indice 1991, n.10
Sebbene si tratti di un'opera collettanea - cinquantadue saggi in prevalenza dedicati allo studio di testi iberici e iberoamericani -, una continuità evidente lega tra loro i capitoli di questo "Dialogo". Non a caso, infatti, nel primo e nell'ultimo ricorrono alcune parole chiave (al di là del tema, che nel primo è un profilo umano, e soprattutto scientifico, di Lore Terracini tracciato da Carmelo Samon… in uno dei suoi ultimi scritti, del secondo un 'divertissement' pseudofilologico sulle traduzioni portoghesi dei romanzi di Salgari, scritto da Luciana Stegagno Picchio): "Brio" per Samon…, "adolescenza" per Stegagno Picchio, sono la tentazione cui, a causa della Terracini, non riescono a sottrarsi. E si tratta di tentazioni tutt'altro che frivole. "Brio" è parola che nel sistema della lirica ispanica tra Rinascimento e Barocco tenta la scrittura costantemente, a partire dal ruolo che gli assegna Lope de Vega che, inevitabilmente, riverbera sul territorio pieno di fascino e di rischi della maniera iberica. Un problema che in "Dialogo" impegna Mario Di Pinto (a proposito di un sonetto "in serie" di G¢ngora) e Giuseppe E. Sansone (che tratta di March tra saccheggiatori e rifacitori spagnoli). Ma il richiamo alla parola chiave è anche la chiave di un ritorno alle radici, all'infanzia (comune) della stilistica spitzeriana.
Al passaggio dall'infanzia all'adolescenza invita, con equilibrio e ragione, Luciana Stegagno, che narra l'aneddoto della formazione del nome del compagno di Sandokan Yanez de Gomara, personaggio tutto portoghese tranne che nel nome, inequivocabilmente spagnolo. Tanto da costringere gli editori portoghesi di Salgari a ribattezzarlo Gastão de Sequeira. I portoghesi, nel ritenere insopportabile la deformazione salgariana - e nel porvi rimedio - realizzano un atto di autoaffermazione linguistico-nazionale e confessano, forse inconsapevolmente, un senso di minorità. Ma c'è dell'altro. Un Y ñez scoprì per primo il Rio delle Amazzoni, prima del portoghese Pedro Alvares Cabral che, quindi, dette vita al Brasile: di lì, insinua Luciana Stegagno, probabilmente viene l'impegno nel restituire la forma portoghese al Yanez di Salgari. L'infanzia-adolescenza dei popoli è, dunque, nel loro nazionalismo primitivo, ma per le culture americane l'infanzia-adolescenza è nel retaggio culturale (linguistico e letterario) coloniale. Anche nel "brio" della grande letteratura iberica tra Rinascimento e Barocco.
Vengo infine alle poche, ma intense, pagine di Cesare Segre sullo scambio di letti in un episodio del "Quijote" assai celebre: quello che ha come protagonista la deforme Maritornes e l'alimento sessuale che, malgrado le fattezze, ella è in grado di dispensare. Segre ricorda il modello boccaccesco del "Decameron* (IX,6) e suggerisce la possibilità di interferenza con un modello aristocratico, cavalleresco: il "Joufroi de Poitiers". La fantasia cavalleresca di Don Chisciotte agisce come memoria letteraria. Segre non lo afferma, n‚ lo esclude. Comunque si insinua il sospetto che persino la follia non sfugga agli strali dei codici della lingua letteraria. E, naturalmente, in una storia di scambi di letti il brio adolescente gioca tutte le sue carte prima di consegnarsi al destino dell'eroe cartaceo.
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