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Indice
Prefazione di Renato Pigliacampo
Introduzione
1. Nobili sordi parlano
2. Parole in vendita
3. Finalmente un segno
4. I segni si fanno lingua
5. Dovere di udire
Conclusioni
Postfazione di Enrico Dolza
Bibliografia
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Il sordo non sente, l'udente non ascolta. In estrema sintesi, questa è la logica conclusione al quale perviene questo bel saggio di Donata Chiricò, docente di etica della comunicazione nell'Università degli Studi della Calabria. Il sordo non sente, ma è comunque perfettamente in grado di esprimersi utilizzando la sua lingua madre, la lingua dei segni, e con questa crescere, comunicare, studiare e realizzarsi compiutamente come persona. L'udente non ascolta, infatti, non vuole sentire ragioni, semplicemente non intende neanche minimamente sforzarsi, per interesse proprio o per ignorante presunzione, di capire cosa significa davvero essere sordo; in virtù del fatto che la maggioranza linguistica dominante è oralista, l'udente pretende l'equipararsi a forza alla sola modalità oralista anche di coloro che, assurdamente, egli stesso ha definito sordomuti, e quindi per sola definizione impossibilitati a farlo. La storia della sordità è paradossalmente la storia di un annoso conflitto che insiste tutt'ora, che ha i connotati di una guerra di religione. Un vero e proprio "vizio assurdo", un modo suicida di analizzare la questione, che da secoli contrappone coloro che dissertano tra la lingua dei segni, la lingua nativa di chi nasce privo di udito e di conseguenza di parola, da sempre e naturalmente usata come lingua madre dalla comunità sorda di tutto il mondo, a quelli che invece indicano nell'apprendimento forzato dell'oralismo l'unico passaporto per l'ingresso dei sordi nella presunta "normalità" sociale. La sordità non è una malattia, ha un rapporto diretto con l'acquisizione della lingua: normalmente il bambino sente e ripete la lingua cui è esposto. Se non la sente, se non acquisisce, e non per sua colpa, il concetto di sonoro, è lapalissiano che mai e poi mai potrà ripeterla. Per questo, non ha alcun senso l'ostracismo imperante degli udenti contro la lingua dei segni.
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