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Dipendenza. Capitalismo e transizione multipolare - Alessandro Visalli - copertina
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Dipendenza. Capitalismo e transizione multipolare

Descrizione


I paesi più forti drenano "surplus potenziale" da quelli più deboli e in questo modo determinano contemporaneamente il proprio sviluppo e il sottosviluppo degli altri. Così i primi si avvicinano al proprio "potenziale", mentre i secondi ne restano distanti. È il concetto di "dipendenza", che in queste pagine Visalli riesce a riassumere e definire come pochi altri. A partire dalla "banda dei quattro", Andre Gunder Frank, Samir Amin, Immanuel Wallerstein e Giovanni Arrighi, la lunga storia della teoria della dipendenza è indagata nelle sue plurime provenienze, dimostrando quanto la sua comprensione sia interessante oggi proprio per la sua natura di teoria del disequilibrio e del dominio.
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Argomenti

Dettagli

2020
17 settembre 2020
Libro universitario
432 p., Rilegato
9788855192316

Valutazioni e recensioni

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Alessandro
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Il libro si può leggere in tre modi: racconta una storia che si sviluppa dal New Deal ad oggi, mostrando un andamento ciclico ed interconnesso; individua una teoria che con questa storia reagisce; presenta la sconfitta politica di un generoso tentativo. Il primo piano si concentra sulla concatenazione di crisi che aprono sempre alla successiva, con un meccanismo (descritto nella teoria) che è mosso dalla tendenza del capitalismo alla concentrazione e (quindi) al sottoinvestimento. E descrive le controtendenze che la tengono sotto controllo: guerra fredda, cetomedizzazione, esportazione di capitale, dipendenza interna ed esterna. Ne deriva il tentativo di investire le periferie (e non il centro) del compito della rivoluzione. Questa è l'ipotesi politica della dipendenza che cade quando le periferie sono sussunte (o sono disperse) nell’inversione degli anni ottanta. Di qui nasce la “teoria dei sistemi mondo” che sposta l'attenzione più avanti nello spazio e nel tempo. Il capitalismo è letto dalla teoria e nell’esperienza storica della “Dipendenza” come un movimento che genera sempre una dialettica spaziale internamente connessa con la lotta di classe. Una tendenza interna a trovare sempre nuovi sbocchi alle eccedenze di capitale che i “centri” (monopolistici) generano, data la loro difficoltà a trovare occasioni di investimento al livello adeguato per effetto dei rendimenti decrescenti. E’ questa tendenza che determina l’instabilità cronica e genera instancabilmente dipendenze, quindi colonialismo (esterno ed interno) ed imperialismo. Si tratta di movimento a spirale, che procede attraverso le crisi ed è costantemente a rischio di crollo, non autoequilibrante ma tale da favorire la concentrazione delle risorse nelle aree forti ed effetti di riflusso su quelle di provenienza, attivando il circolo vizioso della competizione sulla scala globale ed esponendo il mondo al costante rischio di precipitare nella violenza.

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