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In sostanza per l'A. (citando E. de La Boétie) la colpa dei tiranni è di aver potere perché gli è consentito dai sudditi. Siamo - dopo le esperienze totalitarie - al "dispotismo mite" composto da un intreccio di benevolenza, compiacimento, seduzione, diffusione di notizie false o reticenti, carisma da parte di chi vuole imporlo nella sostanziale “passività” dei cittadini: un sistema di potere di fatto protettore o connivente della criminalità, nell'arte del sotterfugio, della furbizia canagliesce, dell’inganno come scappatoia. Si tira in ballo la teologia e la storia della religione nell'italianizzazione del cattolicesimo, nella famiglia amorale con un'educazione molto emotiva. Senza poi dire degli imprenditori "estrattivi" delle risorse statali, per cui -prosegue l'A.- siamo all’ideologia del denaro facile, del privé, delle grandi barche, di una vita che si pretende spensierata, quanto più possibile vicina alla visione adolescenziale della felicità. Occorre, citando De Sanctis e D'Azeglio: coscienza e carattere, nella "schiacciante minoranza" (Flajano).Un libro fluido e divulgativo, ma speravamo di più.
molto interessante
L'ho acquistato come regalo poichè so che alla persona piace questo scrittore e non solo. Direi che ho fatto bingo e ne acquisterò altri.
Recensioni
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Sono le parole di Piero Gobetti, Italo Calvino e Corrado Alvaro le prime citazioni che compaiono in questo agile e appassionato saggio di Corrado Augias, tutti uomini portatori di un esemplare buonsenso. “La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società” scriveva il noto romanziere calabrese all’inizio del Novecento “è il dubbio che vivere rettamente sia inutile”. La citazione è lapidaria, eppure non è disperata la voce di Augias quando, proseguendo nel solco della tradizione di questi grandi pensatori italiani, si cimenta nel difficile compito di fare il punto della situazione dei costumi, o meglio, del “malcostume” italiano. Partendo dal peccato originale del popolo italiano, cioè dalla sua naturale tendenza a spogliarsi della propria libertà personale in favore del potente di turno, Augias analizza le fasi salienti della recente storia italiana, riprendendo i concetti chiave del risorgimento e attualizzandoli.
Libertà, patria, dignità, idealismo, nazione. Quanto sono validi ancora questi concetti e quanto possono essere utili ad indirizzare le nostre azioni quotidiane? La riflessione di Corrado Augias è a tutto tondo e procede attraverso una interessante riflessione filosofica, a partire dal noto saggio di Etienne de La Boétie Discorso sulla servitù volontaria appena ristampato anche in Italia. La riflessione di partenza del giovane patriota francese è che i popoli decidono spesso di rinunciare alla propria libertà e di affidarsi a un tiranno non perché costretti da una forza più grande, ma quasi volontariamente, perché “incantati e affascinati dal solo nome di uno”. Un fenomeno psicologico difficile da comprendere, a meno di non svelare i meccanismi sottili che sottendono le reti di relazioni tra i poteri e la fitta coltre di relazioni che legano il capo alla sua corte.
Comprendere le ragioni dell’insofferenza italiana nei confronti del potere significa, per citare Maurizio Viroli, comprendere la differenza tra la “libertà dei servi” e la “libertà dei cittadini”: La libertà dei servi o dei sudditi consiste nel non essere ostacolati nel perseguimento dei nostri fini. La libertà del cittadino consiste invece nel non essere sottoposti al potere arbitrario o enorme di un uomo o di alcuni uomini. È il “dispotismo mite”, come direbbe Alexis de Tocqueville, a consentirci di non essere ostacolati nel perseguimento dei nostri fini “particolari”. Un potere “assoluto, previdente, mite, rassomiglierebbe all’autorità paterna se come essa avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre invece cerca di fissarli irrevocabilmente nell’infanzia, ama che i cittadini si divertano purché non pensino che a divertirsi”.
Una situazione che ci pare tremendamente nota, malgrado le parole di Alexis de Tocqueville siano state scritte in occasione della rivoluzione americana, quasi duecento anni fa. Corrado Augias è abile a ricordarci quanto siano state acute, in passato, le riflessioni intorno al concetto di potere e democrazia e, senza usare mezzi termini, ci induce a pensare a vecchi e nuovi dispotismi nostrani. I punti di contatto tra l’autoritarismo mussoliniano e quello berlusconiano, ma anche le profonde differenze, la miopia che ha caratterizzato molte decisioni politiche prese negli ultimi anni, vengono qui chiariti attraverso il solito linguaggio schietto e accessibile che ha reso celebre il giornalista italiano.
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