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Descrizione


In settecento lemmi, una storia della ricerca medica dalla tradizione classica alle più recenti innovazioni tecnologiche e ai problemi etici e sociali aperti dagli sviluppi della ricerca scientifica. Accanto a lemmi di carattere più storico (che investono ad esempio le scuole mediche antiche, la medicina egizia o il Medioevo), quelli a carattere medico ("anestesia", "molecola", ecc.) e altri che toccano problemi di scottante attualità, quali "AIDS", "contraccezione", "prevenzione", "vivisezione".
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Dettagli

1996
1 gennaio 1997
Libro universitario
XXVI-678 p., ill.
9788806134273

Voce della critica


recensione di Ingrosso, M., L'Indice 1997, n. 8

La storia della sanità ha una tradizione ormai consolidata che, uscita dalle secche dell'illustrazione apologetica delle "conquiste della medicina", si è posta nell'ambito di una più generale storia sociale e delle idee, che le ha permesso di concepire la questione della salute come parte della civilizzazione di un popolo e dell'evoluzione culturale generale dell'umanità. Le opere di Foucault, di Grmek e, per quanto riguarda l'Italia, di Della Peruta e di Cosmacini, per ricordare solo i più noti, hanno dissodato un terreno fecondo che continua a produrre frutti significativi e di grande rilievo culturale. Anche questa nuova opera, nella forma del dizionario, ossia di raccolta di voci organizzate in argomenti, si pone su questa via.Nelle intenzioni degli autori, la dizione "storia della salute" piuttosto che quella più usuale di "storia della sanità e della medicina" starebbe a indicare l'intento di "mettersi dal punto di vista del cittadino", assumendo i suoi interrogativi e il suo linguaggio e strappandolo alla giurisdizione del medico, come afferma Gaudenzi nell'introduzione.
Al contempo il "Dizionario" intende presentare la medicina non tanto come tecnica e mondo specialistico da divulgare presso i profani, ma piuttosto come "summa organizzata di teorie e informazioni" provenienti da varie aree del sapere che divengono cultura e "cultura fra le culture". La posizione dei curatori si pone in polemica verso quella di molti intellettuali che coltivano una sorta di "complesso di superiorità" nei confronti della medicina, non riconoscendole uno statuto culturale complesso, ma limitandosi a considerarla come un insieme di tecniche operative.
L'obiettivo del "Dizionario" è quello di contribuire al "consenso informato" dei cittadini-pazienti fornendo non solo informazioni, ma ragionamenti e idee guida (ad esempio sui binomi concettuali "vita/morte, mente/corpo, salute/malattia", ma anche sui cardini della ricerca scientifica), migliorando le competenze sui processi organici generali, favorendo l'ampliamento del quadro storico che converge nella medicina occidentale, ma che vede anche altre emergenze nelle civiltà antiche e nelle culture extraeuropee.
La seconda scelta di fondo del "Dizionario" è quella di inserirsi nel dibattito contemporaneo su "quale medicina? quale medico? quale sanità? quale politica?" partendo da una riconosciuta crisi di fiducia, unità e sostenibilità della medicina occidentale, ma altresì dal "paradosso d'efficacia" che essa sta vivendo: è infatti la sua capacità di intervento, corroborata da effettivi guadagni terapeutici che si stanno susseguendo in questi anni, che la porta a "riempire ogni spazio disponibile", come afferma Satolli, fino a giungere, secondo il "New England Journal of Medicine", all'"estinzione dell'uomo sano".
Il problema non sta tuttavia solo nella necessità di porre dei limiti agli effetti dell'"inflazione medica", ma anche di fare i conti con un contesto storico-culturale che punta non più solo a guadagni di sopravvivenza e durata, ma anche di qualità della vita. La qualità, in quanto deriva da una percezione soggettiva e collettiva, esula, secondo Cosmacini - che si rifà a René Thom - "dall'approccio razionalista o sistematico che si esprime nella descrizione matematica del reale".
La scelta di affrontare questi temi attraverso la forma del dizionario e la collaborazione di un vasto gruppo di studiosi è certamente coraggiosa e meritoria in quanto mette a disposizione del pubblico italiano uno strumento agile, leggibile, ricco, che può supportare diversi percorsi di lettura, a condizione tuttavia di conoscere gli orientamenti culturali di fondo che i curatori hannoassunto e che gli autori hanno liberamente interpretato. Questi riguardano la matrice culturale prevalente di impianto illuministico-razionalista e storicista, la questione della salute come è stata definita dalla tradizione ippocratica, cioè riguardante l'organismo individuale e le sue interazioni con l'ambiente fisico, la sanità intesa come problema sociale collettivo e storicamente determinato.
Queste scelte portano a leggere la storia degli eventi e dei periodi in termini di convergenza e di sommatoria delle medicine antiche mediterranee nella medicina occidentale, scremate di ogni riferimento religioso e irrazionale, mentre non è chiaro lo statuto o il significato delle medicine orientali, se non come testimonianze dell'universalità del bisogno di salute dell'uomo e anticipazioni dell'ethos scientifico degli ultimi secoli.
Tale bisogno porta tuttavia l'uomo, tanto antico quanto moderno, a ricercare credenze irrazionali o a seguire pratiche illusorie sfruttate da guaritori-ciarlatani o originanti improponibili commistioni fra salute e salvezza: di qui la forte diffidenza contro ogni sorta di "medicina alternativa", di "sacralizzazione della natura", di "vitalismo" che possa inquinare le basi scientifiche della medicina e avallare pratiche destituite di fondamento.Vi è tuttavia da chiedersi se questo rigorismo epistemologico non rischi di presentare un'immagine eccessivamente ottimistica e lineare della medicina occidentale, vista come efficace bacino di raccolta di "tutto il buono" e severo selezionatore "dei falsi problemi e delle false risposte" poste al di fuori di essa. Inoltre, se il bisogno di salute e di qualità della vita possa essere esaurientemente definito all'interno dell'antinomia razionalità-credenza o se debba avvalersi, per essere interpretato, di un più ampio corredo di categorie riguardanti l'esperienza di vita quotidiana e il senso comune, la sensibilità percettiva ed "estetica" e gli stili di vita collettivi, le rappresentazioni sociali e gli orientamenti culturali, la "saggezza" e la spiritualità di un popolo e di un'epoca. La sottovalutazione che i curatori sembrano compiere dell'apporto delle scienze sociali su questi temi, confinate nell'ambito di un'antropologia medica intesa non tanto come "confronto sui problemi della salute fra culture diverse o distanti", quanto come riflessione filosofica in medicina "volta a compensare l'unilaterale ricorso alle scienze naturali", porta a una visione che sembra rimanere medicocentrica, per quanto non astratta da considerazioni etiche e politiche.
Può essere discussa altresì la scelta di considerare la salute come "costante naturale", in quanto associata alla regolarità funzionale dell'organismo, oltreché come "variabile storica", in quanto connessa a una modificazione di fatti, concetti e valori. L'idea di organizzazione biologica come invariante si contrappone a una sua considerazione in termini di storia evolutiva basata sull'unità relazionale "organismo-nel-suo-ambiente", tale per cui si produce un adattamento attivo al mutare delle situazioni non solo in termini di fenotipo, ma anche di genotipo e di epigenesi individuale. Le ampie variazioni di dimensioni corporee, fasi di sviluppo, reazioni psicosomatiche alle variazioni fisiche e sociali indicherebbero l'utilità di tener conto di questa posizione. L'idea di biologia come invariante porta a una concezione sistematica della medicina, ostacolando una visione clinica, interattiva e contestuale, e può essere all'origine di un deficit di creatività che, ad esempio, Sergio Nordio da tempo sottolinea (recentemente in "Quali pensieri in medicina?Pedagogia medica: un deficit di creatività", "Pluriverso", 1996, n. 5).
Un altro campo che ci si aspetterebbe di vedere maggiormente sviluppato in un dizionario che si occupa di salute "dal punto di vista del cittadino" è quello dell'educazione, comunicazione e promozione della salute: la voce educazione sanitaria si ferma infatti alla fondazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, mentre per la promozione si ricordano brevemente le Conferenze mondiali di Ottawa (1986) e Sunsvall (1991), senza una considerazione delle strategie, degli obiettivi, dei metodi.La comunicazione di massa sul benessere non ha poi una trattazione specifica.
In conclusione, il "Dizionario" costituisce un'opera di sicuro interesse e di riferimento per un vasto pubblico che voglia essere maggiormente informato sul quadro in cui la sanità e la medicina oggi si muove e sull'evoluzione che essa ha attraversato nel lontano e recente passato. Esso presenta però un approccio più limitato di quanto lascerebbe pensare il titolo per ciò che riguarda le idee e pratiche sociali legate alla terapia, al benessere, alla promozione della salute e al loro pluralismo di riferimenti, campi, interessi. Data la necessità per l'abitante metropolitano, che vive in una cultura postmoderna, di orientarsi in un sistema globale di salute sempre più diversificato, sarebbe auspicabile che tale esigenza potesse essere maggiormente accolta in un'eventuale futura edizione dell'opera.

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