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Volume accademico di notevole importanza, questa raccolta degli atti del convegno internazionale del 2005 dedicato dall'Università di Udine a Dmitrij Sostakovic, nel trentennale della morte, richiederebbe una recensione più puntuale e dettagliata di quanto questa non sia. Basti citare i contributi di Franco Pulcini sui rapporti fra Sostakovic e Mahler; di Roberta De Giorgi e di Gabriella Rosso su Lady Macbeth del distretto di Mcensk; di Lewis Owens su Sostakovic, Sinyavsky e il realismo socialista; di Rosanna Giaquinta sulla regia di Eduardo De Filippo del Naso al Maggio musicale fiorentino; di Rosamund Bartlett sul dibattito sull'opera negli anni venti in Unione Sovietica (per tacere delle relazioni degli studiosi russi, in russo, che non sono in grado di leggere, e delle discussioni, spesso animate, che seguono alle varie relazioni). Tutti contributi che coinvolgono la musica e la letteratura ed escono dal mio settore di competenza.
Mi limito pertanto a segnalare le relazioni di John Riley Keeping the Icons on the Wall: Shostakovich's Cinema and Concert Music; di Hélène Bernatchez Shostakovich and feks. Integrating the Theory of Russian Formalism into the Music of New Babylon; e di Roberto Calabretto L'Amleto di Grigorij Kozincev. Sono relazioni di grande respiro che analizzano alcune partiture musicali cinematografiche di Sostakovic inserendole nel contesto storico e culturale, al fine di meglio evidenziarne i caratteri originali oltreché la loro funzione drammaturgica. In particolare Riley, che nel 2004 aveva pubblicato l'esauriente libro Shostakovich: A Life in Film, si sofferma sull'uso da parte del musicista, in certe partiture filmiche, di musica nota come La marsigliese o L'internazionale e ne studia i diversi aspetti, anche ideologici e politici. Dal canto suo Bernatchez, parlando della musica per Nuova Babilonia, il film muto del 1929 diretto da Grigorij Kozincev e Leonid Trauberg, la inserisce in un più ampio discorso sui rapporti fra Sostakovic e la feks (Fabbrica dell'attore eccentrico) e più in generale con il formalismo russo degli anni venti. Infine Calabretto, con la precisione certosina che lo distingue e numerosi esempi musicali, studia la partitura dell'Amleto, cheKozincev diresse nel 1964, analizzandone le varie parti in rapporto, oltreché con la struttura drammaturgica del film, anche con la tragedia di Shakespeare.
Si tratta di contributi che riaprono il capitolo relativo all'attività cinematografica del grande musicista russo (che, come si sa, aveva esordito, per pagarsi da vivere, come pianista accompagnatore di film muti nelle sale cinematografiche di Pietrogrado): capitolo già ampiamente illustrato, ma che può ancora essere oggetto di nuove indagini e nuove proposte interpretative.
Gianni Rondolino
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