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recensione di Portaleone, P., L'Indice 1997, n.10
Un'occasione mancata. Il dolore che provoca la lettura della pessima traduzione dell'opera di Jean-Marie Besson è di tale intensità da imporne l'interruzione dopo non più di una cinquantina di pagine. Citiamo a mo' di esempio un limitato florilegio di castronerie: p. 41 "e genera un potenziale recettore", ove si deve intendere "un potenziale d'azione (elettrico) recettoriale"; p. 42 "nei muscoli legati alla struttura ossea o cardiaci" invece di "muscolatura scheletrica e cardiaca"; p. 43 "Le micro-adiacenze dei nocicettori assomigliano infatti ad un brodo di cultura. Gli esperti, scoraggiati da tale complessità (è possibile che si scoraggino per un brodo a 37° C? n.d.c.), parlano di "brodo periferico", in cui il "medium" extracellulare è tradotto con "brodo", per noi italiani suggestivo del "brodo primordiale" di pazzagliana memoria ("Quelli della notte"); p. 44 "L'acido arachidonico è l'antecedente della maggioranza delle prostaglandine": riguardo alle sostanze chimiche del metabolismo di parla di "procursore" (metabolico)... Inoltre, anche dove non si riscontrano macroscopici errori, la traduzione risulta elementarmente letterale ed in genere confusa, dando un senso di vaneggiamento ancor peggiore di quello che si ricava ascoltando alcune cattive traduzioni simultanee in un contesto tecnico-scientifico. Ripercorrendo le tappe della vicenda neurochimica e neurofarmacologica, l'autore segue la descrizione di sistemi neurotrasmettitoriali algogeni e di analgesia endogeni, questi ultimi rappresentati dal solo sistema oppioide, per introdurre gli attuali approcci della terapia antalgica, da quella neurochirurgica, alla elettrostimolazione, alla farmaco-terapia, con digressioni sulla difficoltà di valutare l'esperienza dolorosa, l'effetto 'placebo' delle terapie e la mistificante suggestione dell'agopuntura e della cosiddetta medicina tradizionale o naturale. Il libro si conclude affrontando l'arduo tema del controllo del dolore neoplastico e le nuove frontiere della ricerca nel campo della algologia.
Ogni argomento è affrontato con un taglio superficialmente aneddotico, in cui si percepisce l'ansia dell'autore di sottolineare il suo ruolo di protagonista di ricerche, di cui non vengono mai fornite precise indicazioni bibliografiche, in collaborazione con i più avanzati gruppi di ricerca in campo algologico. Oltre alla mancanza di riferimenti bibliografici, importanti lacune sono l'assenza di un glossario essenziale e di un altrettanto essenziale indice analitico. Per quanto si può quindi intendere di un testo di divulgazione scientifica impegnativa così pesantemente massacrato da un traduttore che appare del tutto digiuno della più comune terminologia biomedica, si ha la sensazione che l'autore, di cui non si discutono qui le competenze scientifiche e le capacità cliniche di algologo, abbia confuso la divulgazione con il parlare disinvoltamente, in modo colloquiale, interiezioni incluse, di concetti complessi. Si ha l'impressione perciò che il testo sia il prodotto di un assemblaggio approssimativo della trascrizione (non molto scientifica) di un ciclo di conferenze sul dolore.
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