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"Nessuno pensa mai che potrebbe ritrovarsi con una morta tra le braccia e non rivedere mai più il viso di cui ricorda il nome. Nessuno pensa mai che qualcuno possa morire nel momento più inopportuno anche se questo capita di continuo, e crediamo che nessuno se non chi sia previsto dovrà morire accanto noi". Queste le prime righe di un romanzo che non solo toglie il fiato per il contenuto della storia e lo stile con cui è scritto, ma costringe il lettore ad una vera e propria prova di apnea mentale. Un tour de force fra pagine scritte fitte fitte, nella quasi assenza di capoversi e divisione in capitoli, e dove Marías prende il lettore per mano, o meglio: lo afferra per il polso, e lo porta nei suoi pensieri, nelle sue elucubrazioni, nella sua visione della vita e della morte. Una scrittura che è quasi un flusso di coscienza da cui è vietato distrarsi, soprattutto nell'ultimo capitolo, pena l'impossibilità di cogliere appieno una trama meschinamente geniale. Da leggere, assolutamente. Ma solo nel pieno silenzio e concedendo all'autore il permesso di toglierci il respiro per qualche giorno.
Un'inizio originale, che incuriosisce. Uno svolgimento un po' lento (il flusso di coscienza non rende la lettura leggerissima) che fa riflettere. Un finale inaspettato. Si continua a pensare al libro anche dopo che si e' chiuso. Lo consiglierei a chiunque.
Bé... che dire? Il connubio tra titolo e recensione mi ha indotto a leggere il libro. Ciò che ha deluso le mie aspettative sono le continue introspezioni del personaggio narrante, che, a mio parere, spesso risultano fuori luogo, noiose e ripetitive. Mi è piaciuto invece l' intreccio che l'autore ha saputo creare tra il protagonista e la famiglia della defunta Marta, e l' evento che, anche se macabro, ha generato la trama... Il tasto dolente, ripeto, è il dilungarsi immotivato di concetti che, se snelliti, avrebbero alleggerito la scrittura rendendola più scorrevole e piacevole. Sarebbe stato un buon libro di 150/180 pagine, invece, con le sue 280 pagine, è risultato mediocre. Molto meglio il suo collega spagnolo Carlos Ruiz Zafon con il suo bellissimo “L'ombra del vento”, che consiglio di leggere.
Recensioni
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Non è una detective story ma è costruito con una sapiente dose di suspense l’ultimo romanzo di Javier Marías tradotto in italiano. Il titolo, in lingua originale, suona Mañana en la batalla piensa en mí, endecasillabo che traduce il verso shakesperiano "tomorrow in the battle think of me". E se nel Riccardo III il personaggio, alla vigilia dell’ultima, decisiva battaglia, è tormentato da incubi minacciosi – i fantasmi delle sue numerose vittime –, nel romanzo di Marías il narratore-protagonista si sente preda di voci e di pensieri che lo obbligano a una spasmodica ricerca di qualcosa che inizialmente non sa bene che cosa sia.Il fatto è che lui, invitato a cena a casa di una giovane donna appena conosciuta (assente il marito, in viaggio di affari), assiste impotente alla sua improvvisa quanto inspiegabile morte, proprio mentre stavano per fare l’amore. Da questo momento Víctor (è questo il suo nome, come sapremo poi) sente la necessità, o, meglio, l’incontrollabile impulso di indagare sulla vita della donna (Marta) e di avvicinare i suoi famigliari, con l’unico proposito (o forse solo il desiderio) di liberarsi da una specie di incantamento che lo domina. I personaggi si muovono in una Madrid contemporanea, dalla geografia reale, tra luoghi noti a chiunque abbia visitato la città.Il loro mondo interiore, invece, come il loro immaginario, appartiene alla sfera del sogno, dell’incantesimo, e fa riferimento soprattutto alla letteratura.C’è in questo romanzo di Javier Marías tutta la forza di certi personaggi shakesperiani, il loro sentimento tragico della vita, il loro dibattersi nell’inganno – "vivere nell’inganno o essere ingannati è facile, e anzi è la nostra condizione naturale: nessuno va esente da questo e nessuno è stupido per questo (...) tuttavia ci sembra intollerabile, quando alla fine sappiamo" –, l’idea di non essere in salvo, la cospirazione, l’usurpazione e la morte.Molti di loro sono haunted – "ciò che i fantasmi fanno con i luoghi e con le persone che frequentano o spiano o rivisitano; inoltre (...) incantare, nel senso di incantamento" –, e il concetto è ripetuto molte volte nel testo, sempre facendo ricorso all’intraducibile vocabolo inglese.
recensioni di Capra, D. L'Indice del 1999, n. 05
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