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Don Juan. Canto 1º. Testo inglese a fronte - George G. Byron - copertina
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Don Juan. Canto 1º. Testo inglese a fronte
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Don Juan. Canto 1º. Testo inglese a fronte - George G. Byron - copertina
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4
1996
Tascabile
12 giugno 1996
208 p.
9788817168793

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Roberto Cola
Recensioni: 5/5

Tralasciando lodi ed ancor lodi di questa grandissima opera ,voglio solo soffermarmi sulla singolare traduzione. Lontana finalmente dal voler rievocere i pensieri di byron attraverso le sole immmagini ,aver valorizzato ,attraverso rime e taluni tagli ,l'essenza dell'ottava rima ha permesso che percepissi la grande vena ironica ritrovabile solamente nel testo originale. Ciò ,credo fermamente ,abbia voluto dire dare pure agl'italiani quella che è la vera anima del Don Juan. L'unica grande macchia?Quest'edizione presenta solo il primo canto!E i rimanenti?

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recensione di Rognoni, F., L'Indice 1993, n. 3
(recensione pubblicata per l'edizione del 1992)

Nelle ultime pagine del suo vivace saggio introduttivo, Giuliano Dego si sofferma sui criteri che hanno orientato questo esperimento di traduzione in ottava rima del "Don Juan* di Byron. "L'ottava italiana conta di una media di 50 parole in prevalenza polisillabiche, quella inglese di 61 monosillabiche", il che costringe il traduttore italiano (che per le rime ha a sua disposizione solo "sette suoni puri" di contro ai "cinquantadue [suoni vocalici] sfumati in mille guise" dell'inglese), a compiere una continua "opera di selezione e sintesi". Se dunque John Harlington, traducendo, nel 1951, l'"Orlando furioso", "all'interno delle sue gabbiette di rime... aveva avuto agio di manovrare, riecheggiando nei minimi dettagli anche i contenuti dell'Ariosto", chi voglia rendere, ottava per ottava, il capolavoro di Byron, dov'essere disposto a entrare in una prigione ben più inospitale, con sbarre così fitte che si rischia di asfissiare.
Il coraggio di chi affronta una simile impresa è già una forma di successo. Però da queste strofe, mi sembra, non si esce vivi. Intendiamoci: la dimestichezza di Dego con l'ottava rima, sia come poeta in proprio ("La storia in rima", 1976), sia come studioso (si veda la sua edizione del "Morgante" di Pulci, Bur, 1992), non è in discussione piuttosto sono le particolari qualità del "Don Juan* a rendere soffocante questa sua "imitazione". Uno dei primi moderni estimatori del poema, W. H. Auden, raccomanda di leggere Byron "molto rapidamente, come se le parole fossero fotogrammi isolati di un film": ora è proprio la "velocità" di lettura che la versione del Dego, con la sua ricerca divertita ma anche spasmodica della rima con le sue condensazioni inevitabili ma spesso oscure, non permette assolutamente. Si prenda il celebre incipit: "I want a hero, an uncommon want, / When every year and month sends forth a new one, / Till after cloying the gazettes with cant, / The age discovers he is not the true one", che Dego rende: "Voglio un eroe: ed è un voler bislacco / se a ogni gobba di luna uno s'accampa / che, fatto dei giornali il suo bivacco, / mostra d'avere, più che zucca, zampa". Nell'originale la sintassi è limpidissima, il lessico n‚ prezioso n‚ particolarmente idiomatico, le rime dispensate quasi con trascuratezza, la comprensione immediata; il testo italiano è molto più contorto, le sue rime troppo ingegnosamente incastonate, l'espressione artificiosa: non a caso, per leggerlo, sono necessarie due note a piè di pagina (cui se ne aggiunge subito una terza quando, al 5, bislacco e bivacco rimano con ciacco, ovvero "porco"). Molte traduzioni cosiddette "letterali" non sono che pedestri parafrasi, ma questo "Don Juan* soffre del difetto opposto: per decifrarlo si deve continuamente chieder soccorso all'inglese!
Se lo sforzo di sintetizzare l'espressione, e di costringere nell'endecasillabo il ritmo prolungato e più rilassato della pentapodia giambica, paradossalmente rallenta l'andatura del poema, un'altra caratteristica di questa traduzione è, mi sembra, in profondo contrasto con l'originale. Costantemente sopra le righe, e troppo aggressivo, il verso di Dego è impaziente di scoprire le proprie maliziosità e così sacrifica tutta la carica erotica dell'understatement: "not a page of anything that's loose" (non una pagina di qualcosa che sia licenzioso) diventa "niun libro che insegni ad aprir bluse" (40) e le "young ladies" (giovani signore) sono subito ridotte a "ogni vogliosa" (78). Qualche volta il testo si fa quasi volgare: donna Giulia (che in Byron semplicemente prega "for her grace"), "offrì in voto il mal squarciato imene / alla Vergin: 'Fammi restar perbene!'" (75) mentre, per far rima con "umani", alla stanza 89 ci tocca assistere all'amore dei "cani"...
Con questo nulla si vuol togliere alla grande abilità versificatrice di Giuliano Dego, che gli permette spesso di proporre, soprattutto nel distico finale, soluzioni divertenti e efficaci (aprendo a caso: "Anzi, specie se gli uomini sono belli, / li tratterò alla stregua di fratelli" [77]; "I cristiani si arsero a vicenda, / convinti ch'era santa, la faccenda" (83); "fargli fare d'Amore apprendistato / sempre, s'intende, Amor senza peccato" (85). Ma il suo "Don Juan* ha davvero troppo poco a che fare con il testo inglese stampato a fronte e la lettura parallela finisce d'essere meno un mezzo di riscontro che un esercizio di enigmistica. La storia di don Giovanni l'hanno raccontata in tanti, n‚ per questo ci ha mai tediati: perciò leggeremo volentieri gli altri sedici canti del "Don Giovanni" di Dego, ma dovrà essere un libro tutto in italiano, con il nome di Byron sparito o quasi dalla copertina. Nel frattempo, a chi volesse ripercorrere l'infanzia di Don Juan e la sua iniziazione ad opera della bella donna Giulia, nonché tutto il resto del poema, piuttosto della recente versione in endecasillabi sciolti di Franco Giovannelli ("Avventure di Don Giovanni", Newton Compton, Roma 1991), che è un po' troppo aulica ("Oh Pleasure! you're indeed a pleasant thing", diviene "O voluttà, tu giovi") e poco convincente nel costante ricorso all'enjambement, che distrugge il nitore epigrammatico dell'originale, si consiglia sempre la scorrevole traduzione in prosa di Simone Saglia ("Don Giovanni", Zanetti, Montichiari (BS) 1987).

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