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La versione in prosa della Donna senz’ombra di Hugo von Hofmannsthal fu pubblicata nel 1919, quando l’autore viennese aveva gi? concluso la stesura del libretto per l’omonima opera di Richard Strauss. Dal confronto tra Erzaehlung e Maerchenoper egli sperava di trarre utili considerazioni sulla rielaborazione del soggetto in base al mezzo di rappresentazione: la conquista della dimensione umana, dell’ombra, che avviene nel racconto attraverso un gioco di sguardi, si identifica nel dramma in musica grazie alla variazione ritmica dei versi. In entrambi i casi l’amore e la vita sono subordinati alla crescita, al passaggio dall’inconscio pre-esistenziale alla piena coscienza dell’io adulto; un passaggio simbolico, individuale e sociale, una vana speranza di cambiamento che non solo riassume la decadenza dalla civiltà asburgica fine de si?cle, ma la definisce nella distanza da un passato denso di vita e valori, da tempo ridotti a pura immagine. Il teatro dell’epoca, nel tentativo di compiacere lo spettatore desideroso di ritrovare la finzione di s? nella finzione scenica, rischiava, ancor più della prosa, di scadere nell’esagerazione, nell’operetta, nella mitizzazione di una borghesia ormai inerte. Se il libretto di Hofmannsthal non incontr? il favore di pubblico e critica, certo non fu per la scelta del fiabesco come genere, ma, al contrario, perch? il fiabesco hofmannsthaliano era ibrido, troppo doloroso per rispondere a un bisogno di rimozione che si era acuito con la sconfitta bellica.
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