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La doppia epurazione. L'Università di Pisa e le leggi razziali tra guerra e dopoguerra - Francesca Pelini,Ilaria Pavan - copertina
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La doppia epurazione. L'Università di Pisa e le leggi razziali tra guerra e dopoguerra
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La doppia epurazione. L'Università di Pisa e le leggi razziali tra guerra e dopoguerra - Francesca Pelini,Ilaria Pavan - copertina
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Descrizione


La "doppia epurazione" cui fa riferimento il titolo del volume allude sia all'espulsione di docenti e studenti ebrei dall'università italiana, voluta dal regime fascista nell'autunno del 1938, sia al loro difficoltoso, contrastato, se non impossibile, reinserimento nell'accademia italiana dopo la fine della persecuzione razziale e della guerra. Una faticosa reintegrazione che si concretizzò, in molti casi, in una sorta di nuova, definitiva, epurazione. Attraverso il caso dell'ateneo pisano il volume analizza in concreto l'applicazione della legislazione antisemita e le sue drammatiche conseguenze, nonché le reazioni, le compromissioni e i molti silenzi acquiescenti che caratterizzarono il mondo dell'università prima, durante e dopo la persecuzione antiebraica.
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Dettagli

2009
21 maggio 2009
257 p., Brossura
9788815131300

Voce della critica

Anticipata dal censimento, prima degli studenti stranieri, poi di quelli ebrei irregolarmente iscritti alle università, la legislazione razziale fu imposta in Italia con una risolutezza che nulla ebbe a invidiare alla Germania nazista. Per oltre cinquant'anni, sui rapporti del mondo accademico con l'antisemitismo si è largamente taciuto e di questo silenzio sono stati complici sia le istituzioni sia gli stessi docenti che, a partire da Luigi Russo, tesero ad avallare l'immagine di una sostanziale estraneità dell'alta cultura a certe infamie. Come dimostra il caso dell'Università di Pisa, indagato da Francesca Pelini nella tesi di laurea, ora ampliata e aggiornata, per la prematura scomparsa della studiosa, da Ilaria Pavan, la politica razziale del regime colpì tanto studenti, quanto professori ebrei, che, per salvarsi, ricorsero all'emigrazione o a strategie quali la negazione dell'identità semitica. Passata la bufera del 1938-1939, l'Università di Pisa, grazie al rettore D'Achiardi, che oppose resistenza passiva alle disposizioni emanate dal ministero dell'Educazione nazionale, non diede particolare spazio a tematiche razziste nella didattica o nell'assegnazione delle tesi. Allo stesso modo i Guf, se si mostrarono assai politicizzati alla base, ai vertici mantennero un certo distacco, segno che un margine fra adesione partecipata e semplice adeguamento alle regole imposte era ancora minimamente possibile. Nel secondo dopoguerra, le tre commissioni epurative vennero via via stemperando la radicalità dei propri intenti, fino a trasformarli in un nulla di fatto, con il paradosso di vedere seduti, fra gli epuratori, convinti ex razzisti quali Funaioli, e restituito il posto, in alcuni casi nominalmente, a solo cinque dei venti docenti ebrei cacciati.
Alessia Pedìo

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