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La scienza economica è impossibile. Quello che poteva fare lo ha già fatto da un pezzo, cioè dare un nome a determinati fenomeni, spiegare degli avvenimenti elementari, che tutti sanno già. Impariamo l’economia equivale dunque a dire impariamo a cucinare: la cucina è un’attività creativa, in sviluppo, non possiamo preparare oggi le ricette del 2050, perché non sarebbero le ricette del 2050. Lo stesso è per l’economia, che può descrivere il presente ed il passato, ma le leggi del futuro non è assolutamente in grado di insegnarle, perché sovente accade quello che i filosofi chiamano l’eterogenesi dei fini, cioè noi crediamo di ottenere certi risultati ed invece otteniamo i risultati opposti, o comunque completamente diversi da quelli attesi. Lo stesso accade cucinando, anzi, molte delle ricette più appetibili sono il risultato di errori”. Quando ero un giovane peccatore (economico) presi la libera docenza in scienze statistiche ed economiche, e quindi mi sono occupato sia di economia statistica che di teoria delle scelte nell’incertezza, statistica probabilistica. Un giorno ho chiesto ad un collega matematico: «Tu, quando devi prendere delle decisioni importanti nell’incertezza (tutte le decisioni che prendiamo sono, poco o tanto, nell’incertezza) applichi quello che insegni agli studenti?» «Fossi matto» – mi risponde. «Quando ti sei sposato – continuo – per scegliere la moglie, hai applicato le teorie che insegni?» «No – mi dice – e se poi anche lo avessi fatto avrei sbagliato almeno una volta, perché mi sono sposato due volte»”. Con uno stile pieno di arguzia (che esalta nello stesso tempo una grande serietà) Sergio Ricossa ci propone alcune riflessioni, non solo sull’economia, che andrebbero meditate ed anche… praticate. Sergio Ricossa nato a Torino nel 1927 era docente di Politica economica e finanziaria presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Torino.
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