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Dove sei? Ontologia del telefonino
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Dove sei? Ontologia del telefonino - Maurizio Ferraris - copertina
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Dove sei? Ontologia del telefonino

Descrizione


Ai primi di ottobre 2004 Ferraris cercò Derrida sul telefonino per discutere con lui proprio del telefono cellulare, in vista di un convegno previsto per l'aprile 2005. Derrida non rispondeva. La mattina del 9 ottobre Ferraris seppe che era morto. Questo libro affronta proprio quel tema e descrive come cambia la nostra vita attraverso strumenti che accrescono la dislocazione: telefonino, e-mail, web. Il comune denominatore di tutte queste "diavolerie", di questi oggetti che sembrano il culmine della modernità, è una cosa antichissima: la scrittura. L'autore propone, quindi, seguendo l'ipotesi così delineata, una teoria su quella immensa ontologia invisibile che è composta dagli oggetti sociali, che consistono in obblighi, ruoli, promesse.
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Dettagli

2005
Tascabile
31 agosto 2005
294 p., ill. , Brossura
9788845234460

Valutazioni e recensioni

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Giulio
Recensioni: 3/5

"Dove sei?". Ecco la domanda ontologica che svela la sua coplessità ,poco alla volta nella lettura del libro.Le pagine si confidano con noi dandoci la possibilità di attingere ad una nuova accessibilità della realtà,dove il telefonino diventa lo "strumento assoluto" in quanto reificazione e strumento che permette lo "spaziamento della presenza".Il "dove sei?" ontologico può mutare in "da dove chiami?"i grandi punti di incontro svaniscono!Il telefonino come emblema sociale,che determina l'estrema connessione con la realtà circostante ,ma con un rischio:il tuo dasein può nascondersi da un momento all'altro,infatti se manca "campo" al tuo telefonino,il tuo essere nel mondo svanisce,la condizione esistenziale dipendente da esso.Sembra sempre più che la richezza della nostra società risiede nell' essere "connessi" o meno:senza telefonino "...si è poveri di mondo..."Ecco la giustificazione del perchè il telefonio diventa "oggetto sociale". Con grande stupore scopriamo che è possibile parlare di onotologia,in quanto lo strumento assoluto diventa ricettacolo di elementi che possono apparire "scontati";ma che in fondo non lo sono!Il telefonino è strumento di registrazione ,una macchina per scrivere,un oggetto fondamentale per la nostra dipendenza con la realtà.

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Gamel
Recensioni: 2/5

Libro inutile, ben scritto. Umorismo fiacco, ironia a traccie. Qualche chicca. Antropologia: semplicistica, ovvia, ridondante, da bar. Filosofia: riproposizione di quanto (di notevole) già espresso in altre e più congrue sedi, senza ulteriori sviluppi. Longevità del libro: 3 mesi. Ferraris non osa più, "non rischia", direbbe Heidegger. Ma, a Ferraris, Heidegger gli sta sulle balle ormai da un pezzo.

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gianluca
Recensioni: 1/5

Peccato. l'ontologia di Ferraris ha registrato un messaggio nella casella vocale di un numero telefonico, quello del TELEFONINO. Ferraris ha tempestato TELEFONINO di sms, mms ecc. Ma Telefonino è constantemente fuori campo. Di cose pregevoli Ferraris ne ha scritte. Ma stavolta dimostra che quando non si è in grado di interrogare autenticamente (ovvero non si ha uno straccio di idea) non bastano tutti i concetti della semiologia e tutte le categoria della filosofia nemmeno per dire qualcosa che un qualunque quattordicenne autistico risolverebbe in un gesto della mano o in un insieme di punti, virgole parentesi sul display del proprio mobile phone. E non tiriamo in ballo Wittgenstein.

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Voce della critica

“Non sempre le grandi banconote signori miei spiccioli spiccioli!”. Così amava dire il filosofo boemo Edmund Husserl quando si imbatteva nelle affermazioni presuntuose di chi incomincia a filosofare. E il fascino di queste parole aveva catturato il giovane allievo Adolf Reinach il quale divenuto professore trattò per un intero semestre nient'altro che la domanda: che cos'è una cassetta delle lettere?

Ora quel monito di Husserl e quel modo di procedere (non incline a soddisfare il bisogno di una Weltanschauung) sembrano ispirare le pagine del libro che Maurizio Ferraris ha dedicato a una domanda tanto banale quanto suggestiva: che tipo di oggetto è un telefonino?

Apparentemente un telefonino lo sappiamo descrivere tutti. E sappiamo anche approssimativamente come funziona: grazie alla suddivisione del territorio in “celle” ognuna delle quali ha una stazione ricetrasmittente. Quando un utente chiama utilizza uno dei canali disponibili nella cella; spostandosi in una zona servita da un'altra cella il sistema trasferisce automaticamente la trasmissione (roaming) su un nuovo canale della nuova cella lasciando libero il precedente per altre telefonate. (Cfr. Giorgio Rivieccio Dizionario delle scoperte scientifiche e delle invenzioni).

La mobilità del telefonino garantisce un'estensione delle potenzialità già notevoli del telefono fisso. Il telefono “perde le proprie catene proprio come i libri non più incatenati ai muri nelle biblioteche monastiche”. (E ciò del resto è testimoniato già dal contenuto della domanda che subito rivolgiamo all'altro che al telefonino ci risponde: Dove sei?).

Eppure da quando il 3 aprile 1973 l'ingegnere americano Martin Cooper effettuò la prima telefonata chiamando da una strada di Manhattan una stazione ricevente di New York con un telefono cellulare da lui ideato qualcosa è cambiato radicalmente non soltanto nel nostro modo e nelle nostre possibilità di comunicare telefonicamente.

Ma in che cosa allora un telefonino è un nuovo tipo di oggetto categorialmente diverso da un telefono fisso? Si tratta com'è evidente di una domanda al confine tra fisica e metafisica che il sorprendente sviluppo della nostra tecnica ci invita e formulare: “Tra le più antiche specialità filosofiche – osserva Ferraris – (sebbene il nome costituisca un frutto tardivo poiché risale al Seicento) si trova l'ontologia come teoria dell'oggetto: le cose posseggono un'identità propria cioè un'essenza quello che i filosofi chiamano eidos e che in parole povere è la circostanza per cui una sedia che non possegga una seduta non è una sedia ossia non è quel determinato tipo di ente”.

Secondo Ferraris la rivoluzione ontologica operata dal telefonino si compie in due momenti.

Primo momento. Il telefonino incorpora “in un corpicino abbastanza minuto testi immagini video film musica”. Qui tutte queste cose acquistano una sorta di ubiquità una presenza a noi immediata al nostro semplice richiamo. L'analisi era stata anticipata sottilmente da Paul Valéry all'inizio del secolo scorso affascinato dalla possibilità tecnica di riprodurre e trasmettere opere musicali: “I. Fare ascoltare in un punto qualunque del globo nello stesso istante un'opera musicale eseguita non importa dove. II. In un punto qualunque del globo in qualsiasi momento riprodurre a volontà un'opera musicale. Questi problemi sono stati risolti. Le soluzioni si fanno ogni giorno più perfette.” (Paul Valéry La conquista dell'ubiquità). Questa nuova intimità della musica con la fisica aveva colpito tanto Valéry che egli si era domandato se qualche filosofo non avesse mai sognato “una società per la distribuzione della realtà sensibile a domicilio”.

Secondo momento. “Grazie alla possibilità di incamerare iscrizioni (testi) il telefonino diviene un grande costruttore di realtà sociale”. è questo secondo Ferraris il tratto ontologico meno evidente del telefonino ma assai più rilevante. (“Malgrado le apparenze – scrive Ferraris – il telefonino è una macchina per scrivere”). Va detto che per “realtà sociale” Ferraris non intende quel processo continuo inarrestabile e inafferrabile che da Simmel in poi è stato denominato “associarsi” (Vergesellschaftung) ossia il fatto che gli esseri umani si lancino occhiate che si dimostrino gelosi l'uno dell'altro che pranzino insieme che si trovino simpatici o antipatici che per gratitudine reciproca siano spinti a frequentarsi e a scambiarsi dei favori che l'uno chieda all'altro dove stia una strada o che sussista tra loro una forma di attrazione. Né Ferraris intende per realtà sociale quel tipo di evento che sostiene efficacemente ogni comunità umana chiamato “conversazione” (già incoraggiato e consacrato dal telefono fisso).

“Non vorrei che il lettore pensasse che la costruzione della realtà sociale di cui sto parlando – scrive Ferraris – sia qualcosa come fare quattro chiacchiere darsi un appuntamento o magari commentare pigramente la festa del giorno prima”. Niente affatto. La realtà sociale che il telefonino rende possibile fabbricare è secondo Ferraris quella realtà che possiamo individuare con un semplice esperimento domestico.

“Frugatevi nelle tasche aprite il portafogli (…). Troverete biglietti del tram o del treno magari ricevute del taxi; scontrini del bar e del supermercato; altre ricevute del bancomat e della carta di credito. E poi tornati a casa guardate nei vostri cassetti rovistate tra quelle che di nuovo senza pensarci troppo eppure con esattezza si chiamano “carte”: ci troverete altre iscrizioni e registrazioni bollette ricevute atti di compravendita cartoline e lettere. A conservarle tutte si avrebbe la più perfetta ricostruzione della nostra vita sociale quella pubblica (bollette) e quella privata (lettere)”.

Se poi consideriamo che “ci sono interi palazzi (poste ministeri banche biblioteche) la cui ragion d'essere è incamerare queste iscrizioni sembra abbastanza ovvio il ruolo della scrittura nella costruzione della realtà sociale”. Ecco allora compiuta una rivoluzione ontologica: “Non sarebbe una difficile profezia quella che annunciasse che tutte queste iscrizioni finiranno per centralizzarsi nel telefonino”. A pagina 152 il libro muta sensibilmente andatura. “Spengo il telefonino – scrive Ferraris – ed entro in biblioteca”. Da qui innanzi per tutta la seconda parte del libro l'autore esplora originalmente e sistematicamente il ruolo della registrazione scritta (non soltanto la registrazione resa possibile da un telefonino) nella costruzione della realtà sociale. Qui l'autore ha il merito di richiamare l'attenzione del lettore sulla rilevanza delle forme scritte (iscrizioni testi registrazioni firme) nei processi di oggettivazione del mondo sociale e istituzionale.

La tesi fondamentale di Ferraris (la registrazione scritta l'iscrizione è la condizione necessaria di esistenza degli oggetti sociali) mi pare però difficilmente condivisibile. Tale tesi comporta tra l'altro conseguenze controintuitive come quella asserita da Ferraris a pagina 73 secondo la quale a differenza di una sedia un contratto “svanisce nel nulla in assenza di iscrizioni”.

Ma soprattutto la tesi di Ferraris mi sembra smentire l'intuizione originaria della fenomenologia degli atti sociali (Adolf Reinach) secondo cui è per effetto di una semplice promessa che “fa ingresso qualcosa di nuovo nel mondo: sorgono una pretesa da un lato e un obbligo dall'altro”. Perché le promesse altro non sono direbbe Paul Simon che una manciata di parole (a pocketful of mumbles).


Paolo Di Lucia

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Conosci l'autore

Maurizio Ferraris

1956, Torino

Filosofo italiano. È professore ordinario di Filosofia teoretica all’Università di Torino, dove dirige il LabOnt (Laboratorio di ontologia). Editorialista di "La Repubblica", è inoltre direttore della "Rivista di Estetica", condirettore di "Critique" e della "Revue francophone d’esthétique". Fellow della Italian Academy for Advanced Studies (New York), della Alexander von Humboldt-Stiftung e del Käte Hamburger Kolleg "Recht als Kultur" di Bonn, Directeur d’études al Collège International de Philosophie, visiting professor alla Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi e in altre università europee e americane. Ha scritto una cinquantina di libri tradotti in varie lingue. Tra i più recenti, segnaliamo...

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