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Perché Così fan tutte? Per una ragione semplicissima: indagare le ragioni di una recezione fraintesa. Quella tra Così fan tutte e il suo pubblico è la storia di un rapporto difficile, fatta di accoglienze ben lontane da quelle riservate ad altri capolavori del genio salisburghese. D’accordo che non c’è aria, motivo, tema dell’opera che rimangano facilmente impressi nella memoria uditiva, anche dopo ascolti ripetuti. Vero è, anche, che il canto in Così fan tutte sembra non ‘volare alto’, sembra smarrire lo scatto e le impennate tipicamente mozartiane. Stanchezza? Distrazione? Ipotesi insostenibili, se in quegli stessi anni la creatività mozartiana darà prova di un melos rivelatosi impareggiabile. Ma se si trattasse di un’altra qualità di canto? Di un tessuto melodico creato per nasconderci, intenzionalmente, qualcos’altro? L’oggetto autentico, magari, dell’opera? Se Mozart fingendo di raccontarci un’intrigante storia di tradimenti, ci stesse mentendo, dicendoci di altro? Cos’è questo aliquid narrativo celato? La drammaturgia di Così fan tutte prenderebbe così vita dalla narrazione di un oggetto smarrito. Qualsiasi discorso su Così fan tutte, sui suoi stilemi musicali e drammatici, rischia infatti di scivolare involontariamente sul teatro musicale che mette in scena se stesso, rischia di distruggere l’intreccio e, con esso, l’azione. Manca la scena in Così fan tutte, c’è solo il riverbero di essa, come nei confini di un frame fotografico. Un unico immobile tempo – cos’altro ci racconta la trama se non di un assedio e di una resa? - era concepibile per Mozart: rinvenirlo diventava possibile soltanto a patto di mentire. Sulla storia dei suoi personaggi oppure sul tempo della scena. Indifferentemente. Nello spazio soltanto della menzogna drammaturgica questo capolavoro ritrova forse il suo senso scenico profondo. Continuare a negare (il vero racconto). Negare per fallire (drammaturgicamente). Fallire per esistere, come oggetto scenico. Ed esibire, insospettabilmente, una fascinosa, destabilizzante attualità.
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