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Anno edizione: 2022
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Un libro che racconta le pratiche estreme delle popolazioni tribali, in una panoramica di grande suggestione antropologica. Un libro affascinante che restituisce alle droghe un ruolo e una funzione sociale per noi totalmente sconosciute.
Cibi divini, alimenti per l'anima o strumenti visionari per entrare in contatto con il mondo sovrannaturale? Queste sono alcune delle principali ragioni per le quali le popolazioni tribali assumono droghe, attraverso l'ingestione di centinaia di formiche rigorosamente vive, lo scorticamento di parti di pelle per assorbirne gli effetti attraverso la ferita, la golosa ricerca di putrefazioni cadaveriche umane, clisteri divini o l'applicazione di un corrosivo succo di millepiedi agli occhi. Nonostante l'apparente irrazionalità, c'è tanto significato, umanità ed emozione in questi comportamenti estremi, mentre nella cultura occidentale invece si continua a vedere le droghe solo come una forma di fuga dalla realtà. Nel mondo tradizionale – ma talvolta anche in alcuni ambiti del mondo occidentale – il loro uso in realtà è decisamente dettato da altre motivazioni. Il più delle volte con l'idea di “vedere meglio la realtà”: come negli scopi spirituali-religiosi, sciamanico-terapeutici, magico-divinatori, iniziatico-pedagogici, come correttivi del carattere, per scopi giudiziari, o come viatici pre-morte.
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Un viaggio affascinante attraverso le tradizioni di vari luoghi e varie epoche e l'uso di erbe psicoattive e non solo...consigliatissimo!
Un viaggio ai limiti dell'immaginabile fra cannibali, colliri allucinogeni e "droghe del corpo umano". Opera ben scritta e di grande valore, sconsigliata ai proibizionisti.
I volumi di Giorgio Samorini sono il frutto d'una costante ed instancabile ricerca nel mondo complesso ed articolato delle sostanze psicoattive che producono stati alterati di coscienza. In questo senso, egli merita la definizione di "psiconauta": le sue incursioni hanno il pregio di mostrare come, nella storia dell'Umanità, vi sia stata - specie nei primordi (ma ancora presso alcune società tradizionali) - una costante ricerca di sostanze provenienti dal mondo animale e vegetale che potessero indurre stati alterati di coscienza, conducendo ad un possibile "altrove" dal quale ricavare visioni estatiche, oppure ottenere forza ed energia, oppure ancora migliorare le proprie percezioni, o ancora parlare con i defunti. Tale ricerca è stata da sempre accompagnata dalla definizione dei modi - alcuni dei quali ritualmente complessi - per ottenere gli effetti desiderati a partire da parti grezze di organismi vegetali ed animali. Ed è sorprendente constatare come tante delle sostanze che oggi utilizziamo come semplicemente voluttuarie (come ad esempio il tabacco o l'alcool) fossero in origine collegate con un uso rituale enteogeno. "Droghe tribali", che nasce come una raccolta di articoli pubblicati negli anni passati su riviste specializzate (alcuni di essi sotto pseudonimo), propone appunto una carrellata su molti di questi aspetti. La cosa sorprendente è vedere come nelle società tradizionali tutte le fonti possibili di sostanze inebrianti fossero prese in considerazione, così come anche venissero sperimentate tutte le possibili vie di assunzione, ma sempre - badiamo bene - all'interno d'un contesto fortemente ritualizzato. In ciascun capitolo (compreso quello che prende in considerazione sia il cannibalismo, sia l'antropologia rituale come strumenti per raggiungere stati alterati di coscienza) sono numerosissimi gli esempi tratti da un'attenzione trasversale che si estende sia a civiltà e a culture oggi estinte, sia ad alcune società tradizionali ancora operanti.
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