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Anno edizione: 2018
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“Il modo di custodire i ricordi è talmente intimo, da non poter riconoscere la storia di una persona a distanza, ciò che a volte sembra immediato, evidente, di qualcuno, nasconde, magari, uno strato imprevedibile di cose inaspettate, felici o dolorose, che ne cambiano davvero l’aspetto agli occhi di chi guarda.”
Nella sua seconda fatica letteraria Paolo Tagliapietra ci porta di nuovo un po’ indietro nel tempo. Si parte dal 1978, a Roma e si finisce nel 1998, nella Torino dell’ispettore capo Luigi Nitti. Insieme al poliziotto ritornano, tra gli altri, Barbara, l’amica farmacista e l’assistente capo Rizzo, forse l’unico che conosce bene gli umori dell’ispettore, che sa “leggere tra le righe e muoversi nei momenti giusti”. Nitti, l’abbiamo già conosciuto e visto in azione in “Destino in polvere”; è un ispettore dell’introspezione che si aggira in una trama gialla, alla ricerca di colpevoli di crimini che hanno nel passato la loro radice.
“Una delle abitudini dell’ispettore Nitti era quella di prendersi del tempo per pensare, raggiungendo il centro a piedi, quasi a farsi suggerire delle idee e degli spunti, utili per le sue indagini.”
Il nostro ispettore abita fuori città e “arrivare nelle prime ore della notte, nel posto in cui abitava, era, per Nitti, come varcare la porta del luogo del silenzio. Nel paese, ormai, era tutto fuori servizio: un teatro su cui era calato il sipario”.
Chi sono le due anime, le dos almas che danno il titolo al romanzo? Al lettore scoprirlo piano piano, capitolo dopo capitolo. Saranno proprio quelle anime, in un modo davvero inaspettato, che aiuteranno a trovare il bandolo della matassa.
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