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Questo libro, in Francia non più ristampato dal 1928, è il primo tra quelli pubblicati da Bertrand de Jouvenel: tutti in seguito interventi sull'attualità o su un passato recente, riflessioni storiche, sul tema del potere, sull'ecologia politica. I Jouvenel, Bertrand, il padre Henry, lo zio Robert, erano nobili. Incarnavano l'appartenenza a una classe che non voleva limitarsi a gestire il potere, ma si qualificava portatrice di temi d'importanza cruciale come la libertà individuale e l'ordine sociale, gli interessi particolari e quello generale.
L'economia diretta: la formula è rimasta. L'économie dirigée è il titolo originale francese. Non facile da rendere in italiano. Il francese distingue tra direct (senza deviazioni) e dirigé (governato, indirizzato). "Diretto" in italiano ha l'uno e l'altro significato, non c'è una parola che corrisponda solo a dirigé. Nel libro, comunque, viene offerta al lettore la disamina brillante di un ritardo nello sviluppo. Sullo sfondo ci sono i due grandi modelli americano e sovietico. E la Francia non è lontana dal comunismo: "Ciò che viene difeso in nome della proprietà è in realtà un regime di proprietà collettiva". Tanto varrebbe allora dare al sistema un carattere comunista pieno, scrive Jouvenel. Ma non è qui che vuole arrivare. Lo scopo ultimo è andare oltre i difetti del liberalismo e del comunismo. Per questo occorre creare un sistema nel quale "lo Stato guida, ma l'individuo agisce. La libertà si esercita in un quadro fissato dall'autorità. Per dirlo in una frase, lo Stato non fa che determinare le condizioni favorevoli allo sviluppo nel senso voluto. Lo prepara, non lo impone". In fondo l'"economia diretta" è tutta qui. Le complicazioni verranno dopo. Come scrive il curatore nelle pagine introduttive, "i confini di elaborazione progettuale e pragmatica che Bertrand de Jouvenel in qualche misura si autoimpone salteranno presto: nel passaggio agli anni trenta del dopo-1929, di fronte all'incepparsi dei meccanismi del capitalismo, i metodi di contrasto e le ricette proposte dagli economisti accademici non liberisti e, ancor di più, dagli esperti e tecnocrati non conformisti, daranno vita a una infinita varietà di qualificativi per aggettivare le loro soluzioni. Suggerendo, di volta in volta, un'economia: pianificata (ma non collettivista), razionalizzata, organizzata, disciplinata, regolata, concertata, armonizzata, coordinata e via elencando". È l'economia indirizzata, con l'idea di un certo ordine, non troppo meccanico, ma con un certo spirito di geometria.
Nel testo rivoluzionari sono i tecnici. Non sembrano esserci problemi di consenso o di mobilitazione. Di tutto questo non vi è traccia. Neppure la partecipazione degli interessati alle riforme sembra costituire un problema. Gli operai saranno messi a tacere o placati come consumatori. I contadini serviranno da cuscinetto provvidenziale per le crisi e vanno per questo tutelati, come vanno tutelati i "piccoli" nel commercio. Lontano, sullo sfondo, si intravede il planismo che ha accompagnato le esperienze autoritarie di Vichy e della Quinta repubblica, ma, in questo secondo caso, senza la sicura affidabilità democratica conferita al generale de Gaulle dai suoi orientamenti e dalla sua storia.
Giovanni Carpinelli
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