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Anno edizione: 2009
Anno edizione: 2014
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Il filo narrativo del romanzo è rappresentato dalla scoperta dell'esistenza di lettere il cui contenuto se disvelato potrebbe gettare una luce diversa su persone fondamentali nella vita di ciascuno. Una missiva sibillina scritta al padre da poco defunto del protagonista, Erik, psichiatra divorziato e goffamente invaghito dell'attraente vicina giamaicana mentre Inga, sorella di Erik, apprende dell'esistenza di alcune lettere scritte dal defunto marito, geniale scrittore, ad una ex attrice. Le digressioni dal tema portante della narrazione sono diverse e non sempre interessanti. La H. inserisce brani attinti dai diari del padre e l'elemento autobiografico è fortemente caratterizzante, infatti protagonista e sorella sono nati in Minnesota da una famiglia norvegese e vivono a New York, proprio come la scrittrice. L'impressione è che l'idea di base non sia proprio solida e la H. ricorra a vari espedienti per portare avanti il racconto, ma con risultati poco brillanti. Ogni tanto un guizzo scuote il lettore, ma alla pagina successiva si ripiomba nel pantano di divagazioni noiose. Il tema centrale comunque rimane legato al misterioso contenuto delle lettere e a come una verità successiva alla morte di persone care possa influenzare la nostra percezione di esse. Purtroppo lo sviluppo narrativo tradisce le attese. Inoltre c'è un sotterraneo ma costante manicheismo, dove i protagonisti e le persone loro vicine sono i "buoni". Un ambiente intellettuale che rimanda ancora alla biografia dell'autrice. Sensibili, generosi, profondi e coltissimi, si contrappongono ad altri personaggi (l'attricetta, la giornalista in cerca di scoop, l'ex compagno della giamaicana, le signore delle bambole) di basso profilo morale e culturale, capaci di cattiverie e bassezze, rozzi e meschini. La H. avrà i suoi motivi per prendersela con costoro, ma ciò la fa apparire snob. Tuttavia nelle note apprendiamo che svolge volontariato in una clinica psichiatrica, insegnando scrittura.
Coinvolgente, ben scritto e ben tradotto. Non c’è nulla da fare: gli scrittori americani quando affrontano storie di ordinaria quotidianità affondando il bisturi con realismo e profondità su se stessi e soprattutto sulle loro debolezze, sono insuperabili. Da leggere.
La Hustvedt è ormai decisamente diventata più brava del marito (Paul Auster) a descrivere l'animo umano e ad entrare nei complessi meandri del suo funzionamento.
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