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Elena di Troia è stata per gli antichi greci simbolo dell’aspetto perverso e negativo dell’eros, “distruttrice di navi, di uomini, di città”, emblema della forza vitale dell’amore. Nella tragedia di Euripide il problema della colpa individuale di Elena, responsabile o vittima della passione distruttrice da lei stessa suscitata, viene eliminato alla radice. La tragedia propone infatti una variante paradossale del mito troiano: la donna amata da Paride è un fantasma, e la vera Elena trascorre in Egitto gli anni della guerra, rimanendo fedele al marito Menelao. La figura della protagonista si sdoppia così in una donna reale, incarnazione dell’ideale di amore coniugale, e in un essere incorporeo che con il suo adulterio infrange la morale dominante. Nel saggio introduttivo Massimo Fusillo coglie nell’Elena di Euripide l’archetipo del tema del doppio, destinato a percorrere con successo tutta la letteratura occidentale e l’aspetto avventuroso della tragedia che influenzerà il romanzo ellenistico e il teatro shakespeariano.
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Una tragedia molto differente a quelle a cui siamo abituati. Infatti l’”Elena” ha una trama intricata e si conclude con un lieto fine. Scopo di Euripide è riabilitare la figura di Elena, solitamente condannata in quanto causa della guerra di Troia per il suo amore fedifrago per Paride. Riprendendo una teoria che era già di Stesicoro, Euripide svela che al momento del ratto la vera Elena era stata sostituita da una falsa immagine, che aveva seguito Paride a Troia, mentre la vera era stata trasportata al sicuro in Egitto. E proprio nell’ambiente esotico dell’Egitto è ambientato il dramma. Assisteremo al ricongiungimento di Elena e Menelao, dapprima incredulo, e all’attuarsi del loro piano di fuga dal re dell’Egitto, che desidera sposare Elena. Un dramma di un’originalità e di una modernità sorprendente.
Altra tragedia euripidea a lieto fine; Elena, già attaccata da Euripide stesso(e dagli autori a lui precedenti)nelle "Troiane" come causa della Guerra, è questa volta difesa e tutelata; non è lei la causa della guerra, non è lei una donna adultera(rifiuta Teoclimeno per fedeltà nei confronti di Menelao) e non è nemmeno lei la donna che si trovava a Troia durante gli scontri, bensì una sua "nuvolosa" effigie. Con questo testo Euripide riscatta la fama, fino ad allora poco invidiabile, di Elena ed inscena una condanna e critica della guerra e delle sue sofferenze.
Recensioni
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Elena di Troia è stata per gli antichi greci simbolo dell'aspetto perverso e negativo dell'eros, "distruttrice di navi, di uomini, di città", emblema della forza vitale dell'amore. Nella tragedia di Euripide il problema della colpa individuale di Elena, responsabile o vittima della passione distruttrice da lei stessa suscitata, viene eliminato alla radice. La tragedia propone infatti una variante paradossale del mito troiano: la donna amata da Paride è un fantasma, e la vera Elena trascorre in Egitto gli anni della guerra, rimanendo fedele al marito Menelao. La figura della protagonista si sdoppia così in una donna reale, incarnazione dell'ideale di amore coniugale, e in un essere incorporeo che con il suo adulterio infrange la morale dominante.
Nel saggio introduttivo Massimo Fusillo coglie nell'Elena di Euripide l'archetipo del tema del doppio, destinato a percorrere con successo tutta la letteratura occidentale e l'aspetto avventuroso della tragedia che influenzerà il romanzo ellenistico e il teatro shakespeariano.
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