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L’Enciclopedia dei morti di cui si parla nel racconto che dà il titolo a questo libro è un’opera in migliaia di volumi dove sono ammesse soltanto le voci riguardanti persone che non compaiono in alcun’altra enciclopedia. Vale a dire la massa sterminata degli ignoti, che qui si ritrovano raccontati in un «incredibile amalgama di concisione enciclopedica e di eloquenza biblica».
«Un libro entusiasmante che mostra la grandezza tragica e fertile di cosa può fare, alla vita, l'invenzione della letteratura» - Orazio Labbate, la Lettura
Opera fantastica, ma che ha un sinistro corrispettivo nella realtà: vicino a Salt Lake City, in gallerie scavate dentro la roccia, sono conservate dai mormoni le schede di più di diciotto miliardi di persone. Questo rapporto trasversale, e quasi di esaltazione reciproca, tra il fantastico e la cronaca si ritrova anche in altri racconti di questo libro – e può riguardare, all’occasione, la storia dei funerali di una prostituta o quella dei Protocolli dei Savi di Sion, le leggende dello gnostico Simone o quella dei Sette Dormienti di Efeso, o le vicissitudini dell’infelice Kurt Gerstein, infiltrato fra gli sterminatori nazisti, come se Kiš fosse perennemente ispirato da «quel bisogno barocco dell’intelligenza che la spinge a colmare i vuoti» (Cortazar). Secondo le parole dell’autore, «tutti i racconti di questo libro nascono, in misura maggiore o minore, sotto il segno di un tema che chiamerei metafisico; a partire dall’epoca di Gilgamesh, la questione della morte è uno dei temi ossessivi della letteratura. Se la parola divano non richiedesse colori più luminosi e toni più sereni, questa raccolta potrebbe avere il sottotitolo di Divano occidentale-orientale, con un chiaro riferimento ironico e parodistico».Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Probabilmente la discendenza borgesiana che il grande argentino avrebbe apprezzato di più. Un serbo che fruga nella polvere della storia e ci regala un rosario di perle luminose. Qui, come accade raramente altrove, sembra di leggere qualcosa di veramente nuovo. L'ennesima voce dell'est che si aggiunge a turbare gli esausti venti europei.
"L'esperienza gli diceva invece che gli intrighi possono provocare esplosioni di potenza distruttrice superiore a quella di una bomba. La gente è pronta a credere a qualsiasi intrigo, soprattutto se lo dirigete abilmente contro un uomo che è sempre apparso privo di qualsiasi macchia morale. I corrotti non credono che esistano uomini diversi da loro, esistono solo uomini che sono riusciti a dissimulare, Prima di poter dimostrare la falsità di una calunnia, molta acqua sarà passata sotto la Senna". (dal racconto più lungo del libro, Il libro dei re e degli sciocchi, concepito in precedenza sotto forma di saggio, successivamente trasmutato in racconto, che affronta il tema del tristemente celebre, I protocolli del Savi di Sion, in un mirabile excursus storico che ne tratteggia la genesi con aggiunte diverse invenzioni di Kis che rendono ancora più affascinante il racconto). Dalla rivisitazione di una leggenda gnostica su Simon mago, sino all'incendiario e toccante Onoranze funebri (titolo originario, Il funerale di una puttana, censurato dal direttore della rivista in cui fu pubblicato all'inizio degli anni '80). Il borgesiano e mistico La leggenda dei dormienti, L'enciclopedia dei morti (un classico imprescindibile), l'esoterico Lo specchio dell'ignoto, le controversie dottrinali ebraiche e le inevitabili degenerazioni (una costante in tutte le religioni, antiche e meno antiche), in La storia del maestro e del discepolo, il tremendo È glorioso morire per la patria (storia di una impiccagione di un nobile rivoluzionario) e infine I francobolli rossi con l'effigie di Lenin, unica storia totalmente inventata dall'autore. Non sarà Borges (e te credo...) come è stato scritto in una precedente recensione, ma lo spirito, le atmosfere ed alcune trame, si avvicinano molto a quelle del maestro argentino, e in quanto a stile e sintassi, nulla da eccepire, lontani millenni luce da certi osceni e odierni linguaggi da social
Sono felice di leggere recensioni ostili a questo libro. La letteratura è una "macchina corazzata" che sceglie da sola i suoi lettori. Mettetevi l'anima in pace e andate a comprarvi il nuovo romanzo di Umberto Eco, ma andate a schiamazzare da un'altra parte.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
recensione di Ventavoli, B., L'Indice 1989, n. 1
L'enciclopedia dei morti è un'opera immane. Cataloga tutti gli esseri umani che non trovano posto nelle enciclopedie ufficiali. È un'ossessione genealogica sorretta da una pazienza certosina in cui la scrittura cerca di dar ordine al caos multiforme della vita. Le lettere qui si avvicinano ai disegni di Dio che ha caro l'infinito ma anche il particolare. Perché per i compilatori dell'Enciclopedia ogni creatura umana è qualcosa di diverso, il minuscolo è cosa sacra e non esistono gerarchie di importanza.
"L'enciclopedia dei morti" è il racconto di Danilo Kis, che dà il titolo alla raccolta pubblicata da Adelphi. Può sembrare inquietante, ma esso non è solo il raggrumarsi di fantastiche fantasie: l'enciclopedia trova un corrispettivo nella realtà.
Davvero a Salt Lake City si trova, scavato nella nuda roccia, un archivio che scheda 18 miliardi di persone, e viene portato avanti con cura e regolarità da una setta mormonica. Il suo scopo è quello di catalogare tutto il genere umano in un'impresa infinita.
"L'enciclopedia dei morti" è la descrizione di un incubo ma anche la cifra di tutta la letteratura fantastica di Danilo Kis.
I suoi racconti nascono da uno sforzo simile di multiforme catalogazione. Le fonti delle sue storie di dormienti, di puttane, di francobolli, di martiri, e di libri diabolici per l'umanità, sono disparate. La fantasia che si sbizzarrisce ad inventare storie non vere, affonda le radici nelle leggende degli gnostici, nei motivi fiamminghi di Rubens e Rembrandt, nel Corano impastato col Talmud e con la mistica araba. La loro imprevedibile successione assume quasi, come dice lo stesso autore, la configurazione di un divano occidentale-orientale.
Danilo Kis, nato in Subotica, poi errabondo in Ungheria, nel Montenegro, a Belgrado, e ora, infine, in Francia, è un autore dalla bibliografia ancora succinta: un romanzo importante scritto e uno in preparazione. È il creatore di una narrativa fantastica che nasce per accumulo, per stratificazioni. La sua ossessione alla catalogazione infinita è qualcosa che ha a che fare con tutto il mondo danubiano, con la sua miscela di popoli e lingue, di imperi che si sgretolano e di battaglie perdute che restano vive nella memoria degli sconfitti.
La sua opera è un labirinto dove le parole permettono di scrutare nel nulla della morte. È un bisogno di esplorare l'universo della metafisica e di dare forma alle suggestioni che esso suggerisce. È l'esorcismo della scrittura nei confronti di ciò che passa. Un misto di saggi e di favola. Un coacervo di suggestioni culturali, che rimandano sempre ad un grande senso di vuoto e di precarietà. Una costruzione di finzioni che si sforza di vincere la propria fragilità. Proprio come la folle opera dei mormoni che cerca di catturare la sfuggente complessità della vita, le parabole di Danilo Kis esplorano il limite tra la concisione enciclopedica e l'eloquenza biblica.
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