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Anno edizione: 2001
Nel suo saggio La fine del lavoro, l'autore sosteneva che i frutti più avanzati dell'informatizzazione dell'economia e delle telecomunicazioni avrebbero rimpiazzato la presenza degli esseri umani sul luogo di lavoro. Nella sua opera successiva, Il secolo biotech, Rifkin rifletteva sull'enorme importanza acquisita dalle imprese biotecnologiche e sui rischi a ciò collegati.
Le teorie descritte nei due saggi avevano, se non stupito, quanto meno sorpreso per la visione alquanto pessimista dello sviluppo economico futuro. Nel suo nuovo interessante libro, Rifkin non smentisce la sua visione catastrofista e mette in guardia da quello che chiama "il nuovo supercapitalismo che mercifica il tempo umano e trasforma la cultura in commercio". Pur rilevando che la Rete e gli altri nuovi sistemi di comunicazione possano procurare opportunità di lavoro e di guadagno per tutti e quindi siano in questo senso una risorsa democratica, Rifkin sottolinea il pericolo di un nuovo capitalismo in mano a poche multinazionali dell'informazione e delle telecomunicazioni, che può essere in grado di controllare ogni attività dell'uomo. La novità rivoluzionaria della new economy consiste, secondo lo studioso, nel passaggio da una economia che trasformava le materie prime in prodotti finiti a disposizione del mercato, ad una economia che adotta come materia prima "le idee" e le rende produttive, senza che il bene prodotto venga necessariamente acquistato. In questo senso la cultura, nella nuova "era dell'accesso", sarà il fondamento per la produzione di ricchezza.
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