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scheda di Lanfranco, C., L'Indice 1996, n. 7
Il filo della memoria dipanato dal piccolo libro di Lidia Beccaria Rolfi è quello del ritorno a casa da Ravensbrück e del lento riprendere della quotidianità nella provincia cuneese del dopoguerra. Lidia, deportata politica ventiduenne, liberata dagli alleati dopo due anni di Lager, intraprende il viaggio attraverso l'Europa, a piedi, su treni merci, fra militari sbandati e deportati di tutte le lingue, per approdare alla nativa Mondovì, alla famiglia contadina che ha compreso poco la scelta partigiana di Lidia e che, a guerra finita, vede con sospetto questa figlia che poco tollera le costrizioni di un'Italietta provinciale e bigotta, una figlia che non va in chiesa, che frequenta le sedi dei partiti avida di sapere, che, supplente di scuola elementare, sceglie la sede più lontana da casa, che ha voglia di ballare ma anche di discutere e raccontare ciò che ha vissuto. Come in buona parte della memorialistica sulla deportazione, anche nel libro della Beccaria Rolfi si avverte il disagio di chi, tornato dall'esperienza del Lager e raccontandola a chi era rimasto a casa, ha dovuto tollerare l'incredulità e il sospetto di esagerazione. Ma mentre in altri scritti analoghi - si pensi ad esempio a "I sommersi e i salvati" di Primo Levi - tale difficoltà a essere ascoltati e creduti, elaborata negli anni, diviene malessere profondo e senza scampo, nel breve libro della Beccaria Rolfi questa viene riscattata con singolare freschezza dal temperamento di una giovane ormai insofferente alle bigotterie paesane, alle prediche degli ispettori scolastici che raccomandano alle maestre grembiule nero e vita monacale, ai vecchi fascisti che, a guerra finita, rimangono a occupare i posti di potere che già furono loro: in treno verso la Torino dell'Università e delle sale da ballo, ma anche dei ricordi dolorosi delle carceri Nuove, in bicicletta per le valli del cuneese, la giovane Lidia si fa largo in un dopoguerra tanto diverso da quello sperato, e recupera con sfrontatezza almeno parte di quella gioventù che fascisti e SS avevano tentato di soffocare tra i fili spinati del campo di sterminio.
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