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Esilio. Israele e l'esodo palestinese 1947-1949 - Benny Morris - copertina
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Esilio. Israele e l'esodo palestinese 1947-1949 - Benny Morris - copertina

Descrizione


La questione dei profughi palestinesi è tuttora uno dei principali ostacoli sul cammino della pace in Medio Oriente, e il dibattito storiografico sulle sue origini è anche una furiosa disputa politica: per gli israeliani, l'esodo di massa di 700.000 palestinesi a cavallo della guerra d'indipendenza del 1948 fu volontario, e dovuto alle esortazioni dei Paesi arabi, che avevano promesso un rapido ritorno dopo la sconfitta di Israele; per gli arabi, fu il risultato di una brutale strategia di espulsione. Lo storico israeliano Benny Morris compie una ricognizione complessiva, fondata su un'imponente mole di fonti d'archivio prima indisponibili e mostra la somma delle ragioni che sono alla base di una tragedia che ancora avvelena la vita di due nazioni.
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Dettagli

2005
26 ottobre 2005
715 p., Rilegato
9788817008587

Voce della critica

L'ultimo libro di Benny Morris tradotto in italiano non è altro che la rivisitazione della prima opera che lo rese celebre in tutto il mondo e gli procurò parecchi problemi in patria. Il testo approfondisce le tesi sulle responsabilità israeliane nell'esodo palestinese del 1947-1949. Negli ultimi quindici anni è stato del resto possibile consultare materiali inediti provenienti dall'Archivio di Stato israeliano riguardanti le riunioni di gabinetto del 1948-1949 e l'archivio dell'esercito di Israele Tsahal e dell'Haganà, interdetti in precedenza a coloro che non appartenevano al ministero della Difesa.
Molto interessante è la cartina in apertura del testo con la collocazione di 377 villaggi arabi che, prima del maggio 1948, si trovavano nel territorio dell'attuale stato di Israele. Per ogni villaggio è segnata la causa dell'abbandono da parte della locale popolazione araba. Morris ha individuato cinque cause principali: abbandono sulla base di ordini arabi; influenza giocata dalla caduta della città vicina; espulsione da parte delle forze ebraiche; paura di un coinvolgimento nei combattimenti; aggressione militare sull'insediamento; campagna diffamatoria mediante passaparola da parte delle forze armate ebraiche. Le ragioni dell'esodo vengono dunque allargate e sfuggono ormai alla vulgata ufficiale dei due nazionalismi.
La recente svolta conservatrice non pare aver influenzato lo storico israeliano, sempre molto attento ai documenti e dotato di un rigore dal taglio quasi positivistico e alieno da ogni moralismo. Il libro presenta un capitolo aggiuntivo che non compariva nella precedente edizione mai uscita in italiano. Il capitolo in questione riguarda il concetto di "trasferimento" di popolazione al fine di risolvere la questione araba. L'espulsione organizzata, compensata, o forzata, come poi avvenne in alcuni casi, fu accarezzata da più parti, sia nelle cancellerie inglesi (il ministro degli esteri britannico Ernst Bevin) che in quelle americane. Morris riporta dichiarazioni volte al trasferimento compensato da parte di Herzl, Zangwill, Sharett e Ben Gurion. Proprio il capitolo sul trasferimento e alcune citazioni di Ben Gurion, tagliate e ricucite da Morris, hanno suscitato le critiche del direttore del Mediterranean Studies Programme del King's College di Londra Efraim Karsh. Questi è il più serio e documentato critico delle tesi di Morris e dei nuovi storici israeliani E le critiche sono state effettuate in articoli sulle riviste specializzate e in un importante tesato del 1997 dal titolo Fabricating Israeli History . Morris ha reagito alle contestazioni del suo collega, ammettendo peraltro di aver riportato, in alcuni casi, le citazioni di Ben Gurion in maniera non adeguata. Ma la polemica continua. Sarebbe interessante avere in Italia una traduzione del libro di Karsh o di alcuni dei suoi articoli sul "Middle East Quarterly" per comprendere a fondo il dibattito sul più complesso nodo storiografico della storia politica e territoriale del Medioriente.

Paolo Di Motoli

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