L' estate che perdemmo Dio

Attraverso gli sguardi vivaci di due bambine, Caterina e Margherita, Rosella Postorino ci fa entrare all'interno di una famiglia, di Nacamarina, dove uno dei membri, lo zio Antonio Luppolo, appartiene alla 'ndrangheta. Nella metà degli anni ottanta questa cittadina del Sud, era lo Scenario di una cruenta guerra fra gruppi malavitosi. In questa narrazione domestica, si esalta la "normalità", quella di ogni famiglia...ma, in questo caso si raffigura quella di una famiglia con un membro appartenente all'ndrangheta. "Un posto dove sono tutti vittime e nessuno è innocente." Si mettono in risalto le vita di tanti membri della famiglia Luppolo, in particolare della moglie, suoi figli, fratelli e cognati e purtroppo si raccontano degli episodi di morti violente, di morti assassinati! La storia sbagliata delle loro vite! Poi un giorno di estate, Caterina ascolta di nascosto una conversazione e inizia a capire la loro condizione...quel tutto sotto intesso, nascosto, tutto un dico non dico... Un parlare fra i denti, fra le righe, un gioco di complessi indovinelli. Poi un attimo di speranza per Salvatore Luppolo (il cognato) e Laura, genitori delle bambine, possono assentarsi, sono liberi di ricominciare altrove! Scappano in AltaItalia e iniziano a sentirsi esuli di una guerra troppo circoscritta... Dopo una guerra fratricida fra famiglie camorriste, inzuppata di vittime! "Che lei lo aveva sempre saputo, sapeva che prima o poi ~quello~ avrebbe messo suo marito in pericolo, che con uno così in famiglia, nessuno è innocente, nessuno, nemmeno i bambini, nessuno è immacolato, nessuno al sicuro, con questa pecora nera, questo sfacelo." Racconto domestico, di famiglia, di sentimenti, di dolore! Racconto di attesa, di non facile lettura, lento, pacato, misurato, ritmato, compassato.

Mi ha deluso, il periodo che la Postorino descrive me lo ricordo, centinaia di parenti delle famiglie mafiose scapparono nel nord Italia per sfuggire alle vendette trasversali. Ma il romanzo non mi è piaciuto perchè scritto in un modo tale da risultare lento, quella lentezza che talvolta ti fa venire voglia di saltare la lettura di intere frasi. In realtà si gioca tutto sui sentimenti di una bambina che non capisce cosa sta accadendo nella sua famiglia, che non capisce il significato di mafioso, che non capisce perchè lo zio è in prigione. Ma a volerla dire tutta la trama è breve ed i riempitivi per allungarla sono tanti.

Romanzo di formazione denso di emozioni e scritto da una specialista che ama giocare con le parole (la Postorino è una editor di Einaudi). La storia è fatta di tanti piccoli e grandi eventi che ruotano intorno a Caterina, una delle due figlie di una famiglia meridionale emigrata al nord per scappare da un sud malavitoso e pericoloso. Un sud che però esercita un'attrazione fortissima e ancestrale. La narrazione si snoda tra ripetuti salti temporali nel presente e nel passato che è un piacere seguire nei sui capitoli brevi e scorrevoli. La Postorino ama il periodare raffinato, la musicalità delle frasi subordinate dei periodi lunghi. La sua scrittura chiede concentrazione ma regala un piacere molto profondo. Nel romanzo ci sono la gioia dei bambini, lo straniamento degli adulti, il senso di smarrimento, il dolore, la morte violente, il senso di appartenenza alla famiglia, la povertà, il distacco, la sorpresa. Proprio una bella scoperta da parte mia quella della Postorino che avevo avuto il piacere di ascoltare ad una fiera dei librai a Bergamo (per la presentazione de Le assaggiatrici) ma che non avevo mai letto.