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Le età d'oro del cinema messicano (1933-1960) - copertina
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Le età d'oro del cinema messicano (1933-1960)
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Le età d'oro del cinema messicano (1933-1960) - copertina
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Dettagli

1997
316 p., ill.
9788871802053

Voce della critica


recensione di Mosca, U., L'Indice 1998, n. 1

Il cinema classico messicano resta in Europa in gran parte sconosciuto. Infatti, al di là di alcuni grandi interpreti divenuti popolari grazie alla loro intensa attività all'estero (è il caso di Dolores Del Rio, Pedro Armendariz, Maria Felix) o di grandi professionisti che hanno lasciato il segno nella storia del cinema (pensiamo a Gabriel Figueroa, uno dei più grandi direttori della fotografia di tutti i tempi), la conoscenza della produzione messicana è stata quasi sempre circoscritta a sporadiche apparizioni ai festival o alle poche pellicole distribuite nel vecchio continente.
Dopo una lunga serie di edizioni dedicate alle "nouvelles vagues" di tutto il mondo, quest'anno Cinema Giovani ha inaugurato un nuovo corso dedicato alle cinematografie meno conosciute, costruendo una retrospettiva sul cinema messicano classico del periodo tra il 1933 e il 1960, le cui prime stagioni coincidono con l'avvento del sonoro nel paese. I curatori Andrea Martini e Nuria Vidal non hanno seguito soltanto il criterio degli "autori" (nonostante nel programma ne appaiano alcuni di valore assoluto, da Luis Buñuel a Emilio "El Indio" Fernández), né quello di offrire genericamente "il meglio" di trent'anni di cinema, e neppure hanno inteso seguire la classificazione utilizzata per i generi classici hollywoodiani. La loro scelta è stata piuttosto quella di offrire un'ampia panoramica della cinematografia messicana attraverso un'ideale suddivisione in otto sezioni a cui è possibile ricondurre tutta la produzione messicana del periodo d'oro.
I 35 film della retrospettiva rappresentavano i principali filoni dell'intera cinematografia. Dal cinema indigeno, dove l'elemento etnico si combina con la rappresentazione di sentimenti e passioni popolari, al cinema metropolitano, dove l'ambientazione nella tentacolare e peccaminosa Città del Messico gioca un ruolo determinante. Dal cinema della Rivoluzione, in cui emerge un quadro spesso retorico delle sollevazioni popolari e dei celebri generali, alla commedia ranchera, una sorta di western latino con frequenti contaminazioni musicali. Dal cinema romantico (detto anche "porfiriano", cioè di ambientazione tardo ottocentesca, epoca del dittatore Porfirio Diaz), rappresentazione delle contrapposizioni generazionali e passionali che precedono la Rivoluzione, ai grandi melodrammi, dove imperano passionalità, lacrime e insanabili contrasti familiari legati alle molteplici figure femminili nella società messicana. Dal cinema comico, visto attraverso le figure più rappresentative del periodo, Tin Tin e Cantinflas, familiarmente conosciute come El Pachuco y El Pelado, all'horror, al cinema fantastico, rivissuto alla luce delle ossessioni della cultura messicana.
Su ciascuno di questi generi si soffermano i saggi contenuti nel volume, in stragrande maggioranza compilati da storici, critici e cineasti messicani e sudamericani.
Quella messicana è stata una cinematografia prevalentemente popolare, industrialmente forte e saldamente strutturata, tanto da imporsi alle platee di tutta l'America latina. A metà tra l'inseguimento dei modelli hollywoodiani e l'affermazione della propria cultura, il cinema messicano ha riadattato e reinterpretato i generi classici: così negli studi Churubusco di Città del Messico, costruiti a imitazione degli studi californiani, si giravano le "gangster story" di ambientazione metropolitana o i musical di ispirazione ranchera o, ancora, i grandi melodrammi che formarono l'immagine più emblematica di tutta la storia del cinema messicano. Imitazione e omologazione a modelli altri non impedirono a quest'ultimo di farsi specchio della società, con caratteri di grande vivacità e, per certi versi, di geniale originalità, raccontandone la memoria storica, le ossessioni, le mitologie.
Se in genere per gli storici la vera e propria "età d'oro" del cinema messicano si limita agli anni quaranta, secondo Martini e la Vidal il periodo è molto più ampio: inizia con il melodramma "La mujer del puerto" di Arcady Boytler (1933), che gettò le basi di un cinema autenticamente popolare, con il musical "Allà en el Rancho Grande" (1936) di Fernando De Fuentes, e con il cinema politico-rivoluzionario di "Vamonos con Pancho Villa" (1935), diretto sempre da De Fuentes, e ancora con quello "indigeno" di" Redes" (1934), diretto da Fred Zinnemann ed Emilio Gomez Muriel.

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