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In questo volume Urbinati riprende le sue riflessioni sull'individualismo democratico e sui principi della democrazia rappresentativa, già presenti in precedenti saggi. Al centro vi è ancora il pensiero di John Stuart Mill, le cui idee politiche offrono "molti spunti interessanti per intraprendere una lettura critica della concezione deliberativa della democrazia e della teoria della libertà". Giustamente, del resto, Urbinati osserva che "l'essere Mill un pensatore di frontiera (liberale ma anche ben disposto verso le riforme sociali; difensore del principio di uguaglianza, ma critico di molte istituzioni democratiche; teorico dell'individualità ma diffidente delle ideologie individualistiche) significa per chi lo studia scontrarsi con le insufficienze delle costruzioni dottrinarie alle quali i suoi interpreti e critici ci hanno abituato". E il pregio maggiore di questo saggio consiste proprio nell'aver inteso nel suo significato il concetto di libertà teorizzato da Mill, che non è solo individuale ma anche politica, coerente con una "forma di governo che riceve la propria legittimazione dal controllo pubblico del potere da parte di coloro che ubbidiscono alle leggi e dalla libera formazione dell'opinione pubblica".
L'influenza dei classici greci e latini sul pensiero di Mill è la chiave di lettura di Urbinati per cogliere il contributo dell'autore alla moderna teoria della democrazia. Sia nel breve scritto On Genius (1832), sia in numerosi saggi e traduzioni che hanno per oggetto l'antichità classica, ma soprattutto nelle recensioni ai volumi di George Grote, History of Greece (1846 e 1853), Plato (1866) e Aristotle (1873), Mill indica la democrazia ateniese come un modello insuperato da contrapporre alla civiltà occidentale per il suo carattere liberale, per la tolleranza delle diversità di gusti e di inclinazioni, per la capacità di suscitare nei cittadini un forte attaccamento alla costituzione. La polis ateniese, dove Mill riscontra un'unione di cultura e di democrazia, incarna l'ideale forma di governo, quella che lascia più spazio alla crescita intellettuale e allo sviluppo della personalità dei cittadini. Il sistema educativo dell'antica Grecia è un metodo che abitua a ragionare, a esercitare le proprie facoltà, a ricercare in modo autonomo la verità, a creare menti attive e vigorose abituate al dialogo, alla discussione, al dissenso, requisiti necessari per un buon governo e in particolare per una democrazia deliberativa. Mill, contrariamente a Bentham, rivendica a Socrate il "carattere concreto e il valore empirico del suo metodo critico", poiché educava i giovani a diventare individui autocoscienti e insisteva sul processo i ricerca interiore e di dialogo pubblico. Il pluralismo delle opinioni, la composizione dei conflitti per mezzo della discussione, il processo pubblico di formazione e scambio delle opinioni è, secondo Mill, ciò che legittima il governo democratico. Il dissenso, ritenuto la virtù civica dei moderni, ha quindi un valore normativo con effetti positivi tanto sulla vita del singolo quanto su quella della società, perché sviluppa la simpatia, la cooperazione e l'appartenenza alla comunità nazionale, giovando così anche alla libertà delle istituzioni.
L'accento posto su questi aspetti rende la sua concezione dell'individualità l'opposto di un individualismo atomistico e la sorgente di quella che Urbinati ha definito "moralità costituzionale della democrazia", che permea e orienta la competenza deliberativa dei cittadini e la loro piena partecipazione alla vita politica e, contemporaneamente, protegge l'ordine politico e legale dalle inclinazioni illiberali delle maggioranze. Per quanto riguarda la concezione milliana della libertà Urbinati sottolinea che Mill non accetta la classica distinzione di Constant tra libertà degli antichi e libertà dei moderni, ripresa poi da Isaiah Berlin come libertà positiva e libertà negativa, entrambe presenti e inseparabili nelle sue teorie, il che emerge chiaramente da una lettura congiunta di On Liberty e di Considerations on Representative Government. Questi saggi trattano infatti due aspetti interdipendenti della società democratica e hanno come obiettivo polemico la tirannia dell'opinione pubblica, il potere crescente della burocrazia e il governo arbitrario.
Dalla teoria milliana si deduce anche la concezione della libertà come non soggezione, che deriva dalla sua originale e moderna concezione di dispotismo, definito come una forma totale e assoluta di potere che opera sulle emozioni e sulla mente, non semplicemente sulle azioni. L'analisi di questa libertà conduce Urbinati ad affrontare gli aspetti non solo politici, ma anche sociali ed economici legati ai problemi della condizione femminile e della classe operaia. Mill ha infatti portato la libertà democratica anche nel matrimonio e nelle relazioni economiche e questo ha reso la sua teoria originale e radicale "perché l'uso della categoria del dispotismo per descrivere quelle relazioni lo portava necessariamente a prospettare un intervento politico che andava oltre l'eguaglianza legale o le pari opportunità", e che doveva permettere a tutti di raggiungere l'autonomia morale individuale.
Maria Teresa Pichetto
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