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Questo saggio stimolante affronta un problema per definizione marginale (a paragone delle grandi potenze europee), ma ricco di spunti storiografici e teorici. "Percorso misto" fra il pensiero politico dell'età moderna e le vicende di "realtà modeste ma implicate (e non solo passivamente) nei grandi fatti internazionali", l'esposizione affronta il problema della genesi dei piccoli stati e quello della loro trasformazione nel gioco di "equilibri e fratture" della storia europea. "Fossili medioevali" destinati a scomparire o "reazione" ai progetti universalistici imperiali, "residui senza futuro o realtà dinamiche, capaci di adeguarsi celermente al mutare dei quadri", i piccoli stati costringono a ripensare il concetto di frontiera e persino quello di "grande elaborato politico". Sono in tal senso esemplari le pagine sulla nascita delle Province unite nel Cinquecento, alternativa federalista e repubblicana al modello centralizzato e assolutistico dello stato moderno. E altrettanto lucidi, parallelamente, sono i capitoli sui piccoli stati italiani del Rinascimento, esaminati nella loro turbinosa dialettica fra dimensione municipale e regionale, istituzioni signorili e repubblicane. L'autrice si sofferma, al centro del volume, sulle teorie cinque-seicentesche dei piccoli stati: dall'ambigua valutazione machiavelliana allo scetticismo di Botero, fino all'equivalenza giusnaturalistica proposta da Hugo de Groot, in polemica appunto con la grande Spagna. Proprio qui possiamo cogliere, allora, le "ricadute filosofiche" del tema: da un lato i suggerimenti della politica concreta, che privilegiano la potenza (anche quella dei "piccoli") come garanzia di sopravvivenza; dall'altro quelli dell'utopia, che in queste isole circoscritte vagheggiano il mito dell'autosufficienza, dell'egualitarismo, della libertà.
Rinaldo Rinaldi
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