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Il futuro di Fallout 4 è una terra straniera, terribile e selvaggia. Le persone che la abitano hanno rinunciato a produrre nuovi materiali e nuovi oggetti, e basano la propria esistenza sulla costante trasformazione dei relitti del passato: come se l’umanità contemporanea avesse già elaborato così tante cose, mentre se la passava bene e magari non se ne rendeva nemmeno conto – un oceano ossidato di frigoriferi, automobili, cartelli stradali, vassoi, lampade, spazzole, catini, bottiglie di vetro, spatole, radiatori, catene, ingranaggi, ventilatori, cestini metallici, aeroplani, caffettiere, chiavi inglesi, lamiere ondulate – da permettere a un’eventuale posterità de-industrializzata di tirare avanti per alcuni secoli, recuperando e riassemblando questi pezzi lasciati indietro da un’altra civiltà. Il futuro è un enorme sfasciacarrozze a cielo aperto, la cui umanità è composta da straccivendoli, da robivecchi.
Il comprensibile aspetto negativo di tutto questo è l’abbandono di ogni esigenza estetica: il nuovo mondo è scolorito, essenziale, scrostato, posticcio, disarmonico. Qualsiasi forma, purché funzioni: e contribuisca a tenere in vita il suo proprietario, o a far terminare la vita di qualcun altro.
In questo universo c’è un protagonista che viene da un altro tempo, ed è in cerca di suo figlio. Forse basta questo per descrivere la narrativa di Fallout 4: è un titolo talmente sterminato che parlarne in modo esaustivo è impossibile, e probabilmente noioso. Tutto ruota intorno al concetto di casa: nel 2077 il protagonista ha dovuto abbandonare la sua, confortevolmente in stile anni ’50 e alimentata a energia atomica, e allo scoppiare di una guerra nucleare è scappato insieme a moglie e figlio dentro un bunker atomico, che aveva prenotato in anticipo come certe famiglie fanno con la propria tomba. Lì viene ibernato. Un secondo dopo si sveglia: sono passati 200 anni. Sua moglie è morta, suo figlio è scomparso.
Fallout 4 è un videogame fatto di episodi, e ogni giocatore avrà i suoi: potrà essere un colpo salvifico sparato dai tanti compagni di viaggio (o dall’Anonimo Misterioso, una delle fondamentali abilità che è possibile sbloccare nel corso del gioco: come suggerisce il nome, compare quando meno te l’aspetti e risolve i tuoi problemi, poi se ne va senza aspettare nemmeno un grazie), o una morte particolarmente cruenta, causata da uno dei numerosi nemici che popolano la Boston post-apocalittica in cui si svolge la storia. Ma è soprattutto un lungo viaggio, che si svolge parallelamente alle nostre vite per qualche settimana: quel tipo di prodotto di fiction di lunga durata (simile a romanzi come Infinite Jest o Il signore degli anelli o It o Guerra e pace, o lunghe serie tv da recuperare in blocco come I Sopranos o The Wire, o ancora saghe a fumetti come Attack on Titan o I Am a Hero) verso cui non si vede l’ora di tornare ogni volta che è possibile, e da cui bisogna separarsi con un certo sforzo. È quel tipo di storia che continua nei nostri sogni, con ciò che di positivo e di negativo che questo comporta.
Fallout 4 è un titolo che si inizia ad apprezzare appieno solo dopo alcune decine di ore di gioco, quando si è finalmente preso dimestichezza con il complesso sistema di crafting e di modifiche che è possibile apportare al proprio equipaggiamento. A un paio di settimane dall’uscita, continua ad avere ancora tanti difetti, dai glitch che spesso condannano i personaggi a movimenti assurdi, alle mimiche facciali inferiori agli standard attuali dell’industria, a un sistema di dialogo troppo rigido, o ancora a un sistema di salvataggio che talvolta può corrompere i file, spesso mandando in fumo intere sessioni di gioco (come si faceva una volta, il rimedio è salvare spesso e manualmente, su diversi file paralleli). I videogame oggi sono progetti work in progress, che raggiungono il loro status ottimale solo dopo qualche tempo, attraverso aggiornamenti e modifiche successive alla data di pubblicazione (l’esempio più significativo di questa nuova modalità di consumo, che trasforma i videogame da prodotti di consumo a piattaforme di consumo, è Destiny, che ha raggiunto una forma compiuta solo dopo un anno di vita). Un titolo grandioso e complesso come Fallout 4 permette di abbandonarsi a questo atto di fede, oggi così comune, senza soffrire troppo: come succede per un grande amore, o per una grande infatuazione, si tende a ignorare tutti gli aspetti negativi – almeno per un po’.
Un bel po’, nel caso di un’avventura come questa.
Voto: 5/5
Recensione di Mario Bonaldi
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