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Sono davvero rari i casi in cui una raccolta di racconti riesce ad avere un’omogeneità tale da rendere la lettura continua e scorrevole. In questi giorni ho, però, avuto la fortuna di scoprire una di queste rare perle: una raccolta in cui il passaggio da un racconto all’altro avviene senza “traumi”. Sto parlando de “La famiglia immaginaria” di Lina Dettori (Edizioni Iris), che ha avuto la notevole e rarissima capacità di creare una serie di racconti così fortemente legati tra loro che il passaggio dall’uno all’altro avviene sempre con la massima naturalezza e come in un buon romanzo quando alla fine di un capitolo siamo ansiosi di leggere il successivo, così qui avviene con il passaggio da un racconto all’altro. Qual è il segreto di Lina? Credo sia, in realtà, legato al fatto che “La famiglia immaginaria” è quasi un romanzo, un grande affresco in cui una famiglia sarda (ma la localizzazione geografica ha un’importanza solo relativa) viene vista da diverse angolazioni, descrivendo ora un personaggio, ora un altro, ora un episodio delle vicende familiari, ora un altro, e, spesso, in un racconto si richiamano fatti che abbiamo già vissuto in un altro. È, dunque, come se stessimo leggendo un romanzo che analizza lo stesso soggetto, “la famiglia Sogos”, da diverse angolazioni. E come se non bastasse i racconti sono scritti in modo vivace e gradevole e quindi le pagine scorrono via leggere, mentre nella mente si dipinge un grande affresco ricco di volti e figure che si muovono ognuna per conto proprio ma in una visione corale. Quando l’autrice ci descrive uno dei suoi pittoreschi familiari “immaginari” non fa altro che aggiungere un altro tassello alla nostra comprensione di questo piccolo mondo di relazioni parentali che si snoda dalla fine del Ottocento ad oggi ed anzi, per qualche pagina, si protende fin verso un fantasioso futuro, in cui scopriremo nuove specialissime doti di questa stirpe isolana forte, decisa e, spesso, avventurosa. Un libro tutto da leggere e gustare.
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