L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Altre offerte vendute e spedite dai nostri venditori
Tutti i formati ed edizioni
Promo attive (0)
Possiamo immaginare il territorio autobiografico di Cixous come la figura di un puzzle, dove minuscoli frammenti siano stati forniti nel corso degli anni, e poi via via, in altre opere recenti, tessere sempre più grandi. A Osnabrück (1999), tradotto nel 2001 (Tufani; cfr. "L'Indice", 2001, n. 12), si aggiungono ora queste "fantasticherie" che ci trasportano nell'Algeria natale della scrittrice francese, con un racconto dettagliato della sua infanzia multilingue, all'incrocio di culture antagoniste, negli anni tra il 1937 (data della sua nascita a Oran) e il 1955 (data della sua partenza per la Francia).
Ci sono tutte, nel titolo, le chiavi per accedere a una lettura. C'è il rimando alle rêveries di Jean-Jacques Rousseau, dove il posto del promeneur solitaire , il passeggiatore solitario, è occupato da una femme sauvage , mentre il sottotitolo - scènes primitives - ne rafforza l'effetto leggermente terrifico, sostenuto in copertina dall'immagine brutale di una Ciclista nuda , opera di Jean Dubuffet. Nella "donna selvaggia" siamo portati a riconoscere la narratrice, salvo a leggere poi che si tratta piuttosto del nome di un luogo, il Burrone della donna selvaggia, nel Clos-Salembier, miserabile quartiere arabo della periferia di Algeri. A proposito delle rêveries di Rousseau, scriveva Starobinski: "La parola non sarà la fantasticheria originaria, ma la sua eco differita. Ne sarà il doppio: il sogno di un sogno. Non, come Rousseau assicura qualche volta, la sua replica fedele, ma una voce che, commossa per il ricordo di una rêverie prima (per l'impossibilità di ritrovare l'ispirazione della rêverie prima), si lascia trasportare e derivare, sul filo della sua riflessione descrittiva, in una fantasticheria seconda". Qualcosa del genere funziona anche nel testo di Cixous, che sembra alle prese con la ricerca di apparizioni fuggitive, e che mette in scena questa ricerca sin dalle prime pagine, con la scomparsa di alcuni fogli che la narratrice ricorda di aver scritto nel buio della notte, e che bisognerà dunque tentare di ri-fantasticare, di riscrivere.
Apparizione e sparizione di quei fogli mimano l'oggetto stesso del desiderio e del discorso, l'Algeria: "Ebbene, mi sta succedendo esattamente quello che mi succedeva con l'Algeria, quando ci vivevo: l'avevo, la stringevo - non l'avevo più, non l'avevo mai avuta, non l'avevo mai abbracciata". Il libro stesso, le venant , colui che viene, non si lascia afferrare facilmente, anche se "è proprio ora, e probabilmente per decine o centinaia di ragioni, che una porta si è dischiusa nella galleria dell'Oblio della mia memoria, e per la prima volta, ecco che ho la possibilità di ritornare in Algeria, quindi l'obbligo".
La figura della porta introduce il tema dell'esclusione, fondamentale nell'infanzia algerina della narratrice. Cixous nasce da genitori ebrei di provenienze diverse, cittadini francesi per la legge Crémieux del 1870, revocata dal governo di Vichy nel 1940. Il ramo materno viene dalla Germania, quello paterno dalla Spagna attraverso il Marocco. Mentre una parte della famiglia, i Klein, muoiono nei campi di sterminio o si disperdono nel mondo, le leggi razziali e l'antisemitismo tengono i Cixous ai margini sia della comunità francese che di quella araba, e la loro laicità li esclude anche da quella ebraica della sinagoga. L'Algeria stessa si sottrae restando irraggiungibile. La prima frase del libro di Hélène (ma è anche, circolarmente, l'ultima frase), è la seguente: "Tutto il tempo in cui vivevo in Algeria sognavo di arrivare un giorno in Algeria". Paradiso o inferno, l'infanzia? Paradiso perduto, secondo il fratello della narratrice. Inferno perduto, secondo Hélène: "Tutto quello che perdiamo è paradisiaco, dice mio fratello. È infernale, dico io. L'inferno del paradiso". Fratello e sorella si contendono, in conversazioni ricorrenti, attraverso i decenni, il primato del rapporto con l'Algeria, confrontano i ricordi, ravvivano discordie.
Al teatro della memoria si intreccia così il teatrino delle discussioni domestiche, alla presenza della madre e della nonna materna. A questi personaggi principali se ne aggiungono altri. Il padre Georges, colpito dal divieto di esercitare la sua professione di medico, morto di tisi a trentanove anni. Aïcha, la donna che aiuta in casa, "la sola Algeria che abbia mai potuto toccare", "che era tutto per me e non lo sapeva e nemmeno io sapevo di saperlo, lo vivevo questo è tutto, del resto vivere era il mio modo di pensare e la pelle era il libro". Françoise, la compagna di scuola, la cui porta di casa resta sempre chiusa per Hélène. Zohra Drif, una delle tre musulmane che frequentano la sua classe del liceo, poi simbolo della lotta per l'indipendenza algerina. Fips il Cane, il cui destino è "la metafora e il cuore di tutta la storia, la transfigura della famiglia e il riassunto delle nostre Algerie (...) La mia anima Il Cane. La mia transfigura selvaggia".
Personaggio, anzi protagonista, è la bicicletta, il vélo , che segna l'inizio dell'allontanamento tra fratello e sorella. Pierre, mortalmente offeso per questo "crimine" della madre - aver finalmente comprato ai figli adolescenti un'unica bicicletta ma da femmina, cioè "non da uomo" - se ne servirà comunque per andare alla scoperta del paese, scontrarsi con "i piccoliarabi" e poter affermare: "Io l'Algeria l'ho conosciuta". Hélène, dopo una prima uscita sfortunata in cui viene colpita dal lancio di una cassa di ortaggi e dalle risate dei monelli, rinuncia alla bicicletta e si rinchiude con i suoi libri, con le sue "fantasticherie solitarie". "Tutto quello che ci succedeva al Clos-Salambier ci veniva al femminile e al maschile e inversamente, e ci eravamo necessari e insufficienti". E questo libro, più di ogni altro nella vastissima produzione dell'autrice, può davvero essere considerato il libro del fratello, che va ad aggiungersi a quelli già scritti, del padre ( Or, les lettres de mon père ), della madre ( Osnabrück ), di un figlio morto bambino ( Le jour où je n'étais pas là ). Perché c'è bisogno di fratelli nella vita, e di sorelle.
Così Hélène troverà un "fratello" in Jacques Derrida, con cui condivide l'origine ebraica-algerina-francese: "Questo non-ritornare sulle nostre scene primitive traumatiche, all'epoca avevamo questo in comune con qualche differenza"; "A poco a poco torniamo, riapriamo i libri delle nostre lesioni originarie" ( Derrida , in "L'Humanité", 21 gennaio 2005). E chiamerà "sorelle" le donne della devastata Algeria più recente: "Io e le mie nuove sorelle reciprocamente ci diamo l'Algeria e abbiamo come passato il futuro senza violenza che sogniamo insieme" ( La mia Algériance , in "dwf", 1999, n. 1). Con questo articolo del 1997 e con Lettera a Zohra Drif del 1998 (in "Leggendaria", 1999, n. 14, entrambi tradotti da Nadia Setti), era iniziato alla fine degli anni novanta il percorso culminato nella stesura di queste Fantasticherie , la cui pubblicazione ha segnato una svolta importante e in un certo senso attesa. Così il titolo dato dal "manifesto" alla recensione di Marco Dotti del 15 luglio 2005, Scene primitive di Cixous. I racconti della scrittrice algerina , più che una svista appare come il riconoscimento consapevole di una domanda veicolata dal testo. E la rivista "Expressions maghrébines", della Florida State University, ha potuto includere Cixous nel proprio territorio di ricerca, dedicandole un intero numero (2003, n. 2), dove figura anche uno scritto dell'autrice, da cui un'ultima frase significativa: "Non-scrivere-sull'Algeria, ho pensato per decenni, non rischiare di ripetere il gesto dei generali e coloni francesi che si erano 'distinti' sull'Algeria. Così pensavo io. E non scrivevo".
Edda Melon
L'articolo è stato aggiunto al carrello
Le schede prodotto sono aggiornate in conformità al Regolamento UE 988/2023. Laddove ci fossero taluni dati non disponibili per ragioni indipendenti da IBS, vi informiamo che stiamo compiendo ogni ragionevole sforzo per inserirli. Vi invitiamo a controllare periodicamente il sito www.ibs.it per eventuali novità e aggiornamenti.
Per le vendite di prodotti da terze parti, ciascun venditore si assume la piena e diretta responsabilità per la commercializzazione del prodotto e per la sua conformità al Regolamento UE 988/2023, nonché alle normative nazionali ed europee vigenti.
Per informazioni sulla sicurezza dei prodotti, contattare complianceDSA@feltrinelli.it
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore