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scheda di Gallino, N., L'Indice 1995, n.11
Provinciali. Isolati. Ingenui artigiani. Precursori geniali. Dei nostri compositori futuristi s'è detto tutto e il contrario di tutto. La riproposta di "spettacoli totali", quali "Anihccam" di Depero e Casavola o "Il tamburo di fuoco" di Marinetti all'ultimo "Settembre Musica" torinese, aiuta certo a sedimentare un giudizio critico tuttora sospeso. Ma ancor più utile resta l'adunata di quei fogli volanti, manifesti, articoli di giornale, carteggi cui i provocatori e le vittime affidavano proclami e anatemi: letteratura necessariamente labile e contingente, troppo dispersa per riaffiorare senza l'opera d'un Marlowe. Il volume di Stefano Bianchi lievita proprio intorno a uno 'scoop': la ricostruzione biografica - sulle inedite carte di famiglia - del geniale e sfortunato triestino Silvio Mix, morto appena ventiseienne nel 1927. Dietro quello che pare un nome di battaglia futurista c'è in realtà il cognome ungherese Micks, che spalanca intriganti osmosi con la Mitteleuropa, cultura slovena compresa, e un'"identificazione quasi totale del proprio operare con l'attività del movimento". La freschezza del capitolo Mix sta allora un po' stretta fra i medaglioni consacrati ai più noti Pratella, Russolo, Casavola: ottime compilazioni che non si spingono a ridiscutere le complessive implicazioni ideologiche del movimento. Se il volume rinuncia a volare alto, le sue indagini originali aggiungono però un importante tassello a una sintesi di storia delle idee resa così sempre più possibile. Peccato invece non veniale, la mancanza d'un indice del nomi, quanto mai necessario per muoversi in una materia così fluida.
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