Quali fattori e quali processi sono in grado di dar conto dell'integrazione di successodi alcuni immigrati romeni in Italia? Che ruolo ha giocato la cattiva reputazione di cui ha goduto questo gruppo nazionale sui media e nel discorso pubblico nel loro percorso di integrazione? Che tipo di meccanismi e di relazioni rendono possibile farsi una reputazione personale in grado di sfuggire alle tipizzazioni e agli stereotipi che si impongono ai soggetti in virtù della loro appartenenza a un determinato raggruppamento sociale? A queste domande risponde il libro di Davide Donatiello, esito di un'indagine in profondità condotta nella città di Torino attraverso la raccolta di interviste semi-strutturate a immigrati romeni. Il volume è un contributo importante nel dibattito italiano sui processi di formazione del ceto medio immigrato e ha il merito di utilizzare un'originale prospettiva teorica per mettere in luce alcuni aspetti dei processi di integrazione sociale e lavorativa degli immigrati, spesso lasciati in secondo piano dalla letteratura sociologica contemporanea: il ruolo della reputazione e dei processi di accreditamento nelle traiettorie di mobilità sociale degli immigrati. "Chiunque si affacci per la prima volta in un ambiente sa di esporsi in qualche modo al giudizio degli altri". Per alcuni, ciò significa affrontare una tensione complessa tra reputazione personale e attribuzioni negative riferite al gruppo di appartenenza. Queste ultime possono infatti inibire la progressione delle carriere occupazionali e i percorsi di inserimento sociale. Il caso dei romeni in Italia (oggetto di campagne mediatiche che, soprattutto in passato, ne hanno fornito una rappresentazione fortemente appiattita su alcuni episodi devianti) è in questo senso esemplare. Nell'accesso alle posizioni lavorative, così come negli incontri e nelle relazioni interpersonali, i romeni (ma lo stesso potrebbe dirsi di molti altri raggruppamenti sociali) sono sempre preceduti dal modo attraverso cui vengono rappresentati sui media e nel discorso pubblico. Queste rappresentazioni, suggerisce l'autore, hanno una funzione cruciale nell'ostacolarne l'accesso alle posizioni di ceto medio e il volume mostra in modo convincente quel sottile lavorio di "accreditamento" attraverso cui gli immigrati provano a distinguersidalle immagini stereotipiche che circolano sul loro conto. Per gli immigrati, la struttura del mercato del lavoro ha un grado di permeabilità che tende a restringersi salendo verso l'alto. L'accesso alle posizioni lavorative dequalificate è relativamente semplice. Gli "ultimi arrivati" non entrano infatti in competizione con gli autoctoni che puntano a ritagliarsi i segmenti più prestigiosi del mercato del lavoro. Al contrario, le posizioni occupazionali da ceto medio sono soggette a rilevanti procedure di filtraggio che vanno bel al di là della valutazione delle competenze individuali e che finiscono per penalizzare alcuni gruppi di individui in virtù della loro appartenenza nazionale. Il ceto medio è pertanto una meta a cui l'immigrato riesce ad accedere in presenza di precisi quadri di opportunità attraverso cui può vedersi riconosciuto un valore generalmente negato a chi si trova nella sua condizione. Mostrando le interconnessioni e le tensioni tra alcune forme differenti di reputazione (quella emergente nell'interazione, quella di appartenenza e quella istituzionale), Donatiello racconta e analizza, con l'ausilio di un ricco materiale empirico, le complesse strategie attraverso cui i soggetti intervistati sono riusciti ad accreditarsi e a diffondere la reputazione acquisita attraverso i propri reticoli sociali. A una reputazione ascritta, attribuita in virtù dell'appartenenza nazionale, si può sostituire infatti una reputazione acquisitiva, legata alla capacità di farsi giudicare su un piano personale, di farsi riconoscere come "diversi dai romeni" o come "romeni diversi" nelle interazioni quotidiane e faccia a faccia. Questa forma di reputazione, sebbene faciliti l'accesso al lavoro attraverso canali di tipo informale, ha però una portata limitata: segue i confini dei reticoli sociali ed è dipendente dalla capacità dei soggetti di tessere relazioni. Diverso è il caso della reputazioneistituzionale, ovvero di quel tipo di accreditamento che viene sancito attraverso le certificazioni formali. Ad esempio, il riconoscimento di un titolo di studio o di una professionalità acquisita nel paese d'origine consente l'accesso diretto a occupazioni qualificate attraverso procedure di tipo universalistico; l'ottenimento del permesso di soggiorno può rappresentare, per gli "irregolari", un vero e proprio evento detonatore che consente l'accesso al mercato del lavoro primario e la possibilità di intraprendere un percorso di mobilità sociale. La reputazione istituzionale è, in sostanza, una forma specifica di capitale simbolico che può essere fatto valere in contesti e campi sociali differenti e che testimonia il ruolo cruciale che possono avere le istituzioni, in primis lo stato, nel facilitare un'integrazione di successodegli immigrati. Ma il peso dei processi di accreditamento va ben al di là dei meccanismi attraverso cui si realizza l'accesso al lavoro e la progressione delle carriere occupazionali. A essi si associa un quadro che abilita i soggetti alla partecipazione sociale, alla promozione di attività volte alla difesa dei propri diritti o ad azioni collettive orientate al sovvertimento delle rappresentazioni negative veicolate nel discorso pubblico. Il volume di Donatiello mostra acutamente che non si realizza una compiuta integrazione nel campo occupazionale se non si abbattono i confini che dividono le cerchie sociali degli immigrati da quelle degli autoctoni. Allo stesso tempo, sia l'integrazione lavorativa sia quella sociale o relazionale hanno modo di compiersi se gli "ultimi arrivati" hanno la capacità e la possibilità di farsi riconoscere come individui degni di valore, portatori di una "differenza culturale" non necessariamente associata a tipizzazioni di tipo negativo. Tra i diversi meriti della ricerca di Donatiello vi è quello di mostrare l'estrema complessità dei processi di inserimento sociale e lavorativo che supera la nota alternativa tra il modello di integrazione assimilazionista e quello comunitarista. Le storie di successoraccolte dall'autore esemplificano infatti in che modo le proprietà specifiche delle reti comunitarie, per definizione molto omogenee, possono essere utilizzate per accedere ai vantaggi delle reti più eterogenee e dunque favorire la mobilità sociale. Allo stesso tempo, mette in luce che le strategie di acquisizione di una reputazione personale (positiva) possono passare sia attraverso la rimozione della "differenza culturale", sia attraverso l'esibizione di alcuni tratti culturali della propria comunità nazionale che si prestano a essere valorizzati nella società di approdo. Donatiello riesce dunque a fornire un'interessante chiave di lettura che assegna un peso cruciale alla dimensione simbolica e relazionale nei processi di mobilità sociale e mostra come le traiettorie lavorative siano legate a filo doppio con percorsi di integrazione molto articolati che si situano al contempo sul piano sociale, economico e culturale. Marco Romito
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