Camillo Berneri Il federalismo libertario Nato a Lodi nel 1897, Camillo Berneri trascorre l’infanzia seguendo la madre, maestra elementare, nei suoi incarichi a Palermo, Milano, Cesena, Forlì e Reggio Emilia. Qui, giovanissimo, entra nella Federazione giovanile del partito socialista, dove ha inizio la sua attività politica. In contrasto con l’atteggiamento del PSI verso la guerra, aderisce al movimento anarchico uscendo dalla F.G.S.I. dopo il luglio 1916. Nello stesso anno si trasferisce con la madre ad Arezzo e l’anno successivo, il 4 gennaio 1917, si sposa civilmente a Gualtieri con Giovanna Caleffi, una ragazza che era stata allieva di sua madre alla Scuola Normale (magistrale) di Reggio Emilia. Sono entrambi minorenni e vivono ad Arezzo, dove la mamma di lui insegna. Tre mesi dopo il matrimonio, Camillo viene chiamato alle armi, nonostante fosse stato fatto rivedibile perché convalescente da una gravissima malattia. Dopo qualche mese trascorso all’Accademia di Modena, è inviato al confino a Pianosa per insubordinazione ed in seguito rimandato a casa. Congedato nel 1919, comincia a collaborare assiduamente alla stampa anarchica, partecipando poi alla costituzione dell’Unione anarchica italiana. Nel 1922 si laurea in filosofia a Firenze con Gaetano Salvemini, divenendo uno degli assidui del circolo culturale fondato da Carlo Rosselli ed Ernesto Rossi. Sarà vicino a “Italia libera” e collaborerà con il “Non mollare!”, con “Conscientia” e con numerose altre riviste. Nel 1926, con la promulgazione da parte del fascismo delle leggi eccezionali, è costretto ad espatriare in Francia. A Parigi deve arrangiarsi nei lavori più disparati. Cionondimeno, proprio nella capitale transalpina inizia la frequentazione dei compagni anarchici per riorganizzare le fila del movimento e collabora con la stampa libertaria, dedicandosi anche all’elaborazione dei suoi studi. Coinvolto da agenti provocatori fascisti (in particolare: E. Menapace) in una serie di denunce e di complotti, nel 1928 viene espulso dalla Francia, dove però rientra poco tempo dopo. Nel dicembre dell’anno successivo è arrestato in Belgio nell’ambito di un’operazione poliziesca che culmina con l’arresto a Parigi di altri fuoriusciti italiani tra cui Carlo Rosselli. Comincia a peregrinare tra Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Germania, costantemente controllato dalla polizia e più volte incarcerato ed espulso dalle autorità. Nel 1936, allo scoppio della guerra civile in Spagna, è tra gli organizzatori del primo contingente italiano in quel Paese. Nel fuoco dello sforzo bellico Berneri appoggia concretamente le forze repubblicane e libertarie che si battono contro i “franchisti”, non mancando di partecipare anche alla battaglia di Monte Pelato. Nei mesi successivi, Camillo è soprattutto impegnato con il giornale “Guerra di Classe”, dalle cui pagine sostiene il suo personale dissenso sui problemi della militarizzazione (anarchici “ministeriali” e gruppi estremisti dell’anarchismo catalano) e sul silenzio della stampa anarchica di fronte ai crimini stalinisti. La sua critica si appunta soprattutto verso quelle forze che, all’interno del campo repubblicano e “democratico”, perseguono obiettivi “particolari” o ritenuti comunque pericolosi. In breve gli eventi precipitano, culminando con i fatti del tragico maggio barcellonese, dove Camillo viene ucciso insieme al compagno di lotta Francesco Barbieri, il 5 maggio 1937, dagli agenti della ceka, un commando composto da comunisti italiani e spagnoli. La condanna «... Verso le 6 del pomeriggio un gruppo di "mozos de escuadra" e di "bracciali rossi" del PSUC irrompe nel porton numero 3. Li comanda un poliziotto in borghese; in tutto, saranno una dozzina. Salgono gli scalini di marmo che portano al primo piano e bussano alla porta di Berneri. Ad aprire è Francisco Barbieri, 42 anni, anarchico di origine calabrese. Nell'appartamento, oltre Berneri, c'è la compagna
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