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Questo è davvero un libro ben scritto. Scorrevole, ad ogni pagina riesce ad essere interessante e coinvolgente. L'unico neo che ci trovo è che le battaglie vengono solo citate; la strategia e la tattica di questo grandissimo generale vengono trattate senza troppa cura. Comunque sia, l'autore riesce a fornire una descrizione esaustiva della personalità di Federico di Prussia.
Molto piacevole e divertente. L'origine radiofonica del testo non è affatto un limite. Chi ha letto il Barbero "divulgativo" (waterloo, adrianopoli) ed anche il romanziere (pyle, soprattutto) sa che il tono dell'autore è sempre colloquiale, ma mai semplicistico. Ovviamente c'è qualche "buco" - non certo dovuto alla cattiva coscienza dell'autore - fra guerra di successione austriaca e guerra dei sette anni, ma sfido chiunque a spiegare (alla radio!!) più facilmente quel complicatissimo periodo. Consigliatissimo.
Recensioni
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Si dice che nell'ottobre del 1806, dopo il doppio trionfo di Jena e di Auerstadt, Napoleone visitò Potsdam e che, di fronte alla tomba di Federico II, ordinò ai suoi generali di levarsi il cappello, perchè, se quell'uomo fosse stato ancora in vita, loro non sarebbero giunti fin lì. A distanza di oltre duecento anni da quell'episodio, la suggestione che Federico II di Prussia continua a esercitare resta immutata. Questa sensazione emerge con chiarezza dalla ricostruzione biografica di Barbero, il quale, abbinando la sensibilità propria dello storico con il gusto per la letteratura d'evasione, è riuscito a offrire un ritratto dell'ultimo grande sovrano assoluto d'Europa morto decrepito nel 1786, poco prima dello scoppio della Rivoluzione e dopo circa quarant'anni di regno, di cui quasi dieci trascorsi sul campo che forse non incontrerà il gusto degli specialisti, ma sicuramente quello degli appassionati di storia e dei cultori del mito federiciano. Destreggiandosi tra numerosi aneddoti, da quelli riguardanti la drammatica relazione con il padre a quelli che videro protagonisti oscuri sudditi, come il mugnaio Arnold, l'autore restituisce ai lettori l'immagine di un uomo lacerato, complesso, amante dell'arte e della musica, ma incapace di apprezzare Goethe; fautore di una politica estera cinica e spregiudicata, ma severo critico di Machiavelli; ostile nei confronti della religione, ma difensore dei gesuiti; legatissimo alla madre e alla sorella, ma tenacemente misogino; ammiratore di Voltaire, al punto da desiderare di "possederlo", ma anche così altezzoso da giungere a definirlo niente più che un giullare; attento alle innovazioni della tecnologia militare, ma scettico verso l'idea di progresso: insomma, un uomo contraddittorio, prigioniero del suo ruolo, delle sue idiosincrasie, di un mondo destinato a un rapido tramonto e tuttavia, forse anche per questo, eccezionalmente moderno.
Federico Trocini
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