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Il discorso di Bauman è incentrato sull’analisi della città globale, con i suoi inediti fenomeni di concentrazione del potere capitalistico e di verticale distribuzione della popolazione, circostanza che polarizza la ricchezza in determinati luoghi della città a fronte della formazione di luoghi in cui è concentrata la povertà, il degrado, la miseria. In tutto ciò è evidente che chi ha perso è la politica, che non è stata in grado di avviare misure d’inclusione sociale e ha permesso il manifestarsi di logiche giuridiche, architettoniche, economiche, sociali e psicologiche votate completamente all’esclusione, alla segregazione. Ciò che Bauman lamenta è il clima diffusosi nelle città, un clima caratterizzato dalla paura, dalla tensione per la minaccia alla sicurezza personale o a quella patrimoniale, le cui cause sono da imputare alla fine dello stato sociale. Nel passaggio dallo Stato moderno allo Stato liquido, quello postmoderno e globalizzato, si è consumata una totale disintegrazione della vita comunitaria, che però si è in parte ricomposta in comunità omogenee dal punto di vista economico. Tale dinamica autosegregatoria, spesso spiegata con motivi di tipo culturale o etnico, viene ricondotta da Bauman ad una diffusa mixofobia, una paura cronica di confondersi con il diverso. Occorre che la mixofobia si trasformi in mixofilia, ma ciò già a partire dalle iniziative urbanistiche, affinché non si progettino ghetti autosegreganti, gated communities e banlieues, giacché è la loro stessa esistenza che determina la mixofobia.
Sinceramente mi aspettavo qualcosa di meglio. Ho trovato questo piccolo volume interessante ma piuttosto frammentario, con poca continuità e scarso approfondimento dei temi trattati. Probabilmente tutto ciò deriva dal fatto che si tratta di una raccolta di tre distinti discorsi che Bauman fece in convegni attorno all'inagurazione di una associazione caritatevole. Comunque interessante, una buona lettura che però lascia un po' l'appetito insoddisfatto.
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