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Un saggio molto gradevole, agile e pieno di curiosità sui filosofi che, se da un lato parrebbe relativizzarne ruolo e compiti nella società, dall'altro finisce per esaltarne il fascino irresistibile nel corso dei secoli. Pierre Riffard, studioso di occultismo, parte infatti dall'assunto che i filosofi creatori di grandi concetti non sono né più né meno che esseri in carne e ossa. Il filosofo beve, fuma, mangia, e ama; e forse "Kierkegaard deve la propria dialettica a Regina Olsen più che a Hegel". La filosofia è sempre stata un dilaniarsi tra sollecitazioni e concetti in opposizione tra loro: l'analisi e la sintesi, il singolare e l'universale, la certezza e il dubbio. Questo conflitto è alla base della vita intima dei filosofi, intima perché soggettiva e privata, il cui frutto nasce dalla sola mente del pensatore e non da esperimenti replicabili in laboratorio. Quel lacerarsi tra due opposti potrebbe in parte spiegare l'isteria e l'angoscia di Pascal, la presunta pazzia di Nietzsche, la puntualità metodica di Kant, la vita sregolata di Rousseau. Nelle pieghe dell'intimità dei filosofi troviamo gli esempi più disparati. Ci sono i "dementi e i saggi", i "porci e i puri", quelli che si castrano come Origene e quelli che strangolano la moglie, come Althusser.
Il libro è godibile soprattutto negli innumerevoli racconti e aneddoti: su come passeggiava Cartesio tra gli olandesi, sulla passione di Comte per Clotilde de Vaux, sulla malinconia triste di Eraclito, su Marx mantenuto a Londra da Engels, sugli abiti tirolesi di Heidegger. E sull'uso delle droghe di Sartre, su Kant che mangiava solo una volta al giorno ma stando a tavola fino a tardo pomeriggio, o su La Mettrie che morì di indigestione dopo aver mangiato un intero pasticcio di fagiano ai tartufi (ma, a quanto sembra, quel pasticcio era avariato).
Riffard con le sue statistiche individua anche le linee comuni: essere donna in filosofia è un handicap; spesso i filosofi vivono o nascono all'estero e questo non avere una patria aiuta l'osservazione imparziale; poi in filosofia non esistono i bambini prodigio né i figli di papà e anzi molti pensatori orfani trovarono un padre spirituale nel maestro di accademia (come Platone in Socrate). I filosofi, infine, rifiutano quasi sempre la religione diffusa ma utilizzano la lingua culturalmente dominante, così da poter imporre la propria parola su più persone.
Un saggio che perturba i lettori e li mette in guardia, perché "se un film di spettri fa fremere di orrore, un'opera filosofica fa fremere di preoccupazione".
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