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Filosofia o eloquenza? - Ermolao Barbaro,Giovanni Pico della Mirandola - copertina
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Filosofia o eloquenza? - Ermolao Barbaro,Giovanni Pico della Mirandola - copertina
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Dettagli

1998
1 gennaio 1998
200 p.
9788820728014

Voce della critica


scheda di Ciuffo, P. L'Indice del 1999, n. 05

Nuova, ottima edizione della classica disputa epistolare del Quattrocento italiano tra Pico della Mirandola ed Ermolao Barbaro, pubblicata nel 1952 da Garin – ma già il Burckhardt ne aveva compreso l’importanza – e a lungo interpretata come espressione autentica di un dissidio antico (platonico, almeno) tra filosofia e retorica: tra Pico, che parla per bocca di un filosofo "barbaro" sostenitore della filosofia come pura ricerca della verità e denigratore della retorica come simulazione del reale a scopo persuasivo ottenuta con artifici verbali, e Barbaro, difensore del primato dell’eloquenza classica sulla mera speculazione. Questa schematica opposizione, però, non resiste a una lettura più attenta, che mostra il carattere volutamente anfibologico della lettera di Pico: il suo attacco alla retorica, infatti, è portato con gli strumenti più raffinati della retorica stessa. L’incoerenza tra mezzi e fine, o tra forma e contenuto, induce a pensare che Pico volesse in realtà dimostrare la contradditorietà della posizione di chi, al fine di sminuire l’eloquenza, è costretto a far uso dell’eloquenza stessa. L’ambiguità è smascherata proprio dal suo avversario, che argutamente riconosce, nella apparente difesa della filosofia, un’abile celebrazione della retorica. I Sileni di Alcibiade, elevati a simboli dei tesori della ricerca filosofica nascosti sotto umili parole, assomigliano piuttosto all’eloquenza di Pico, che si colloca in quello spazio tra apparenza e realtà che rende possibile il discorso retorico.

Pietro Ciuffo

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Conosci l'autore

Ermolao Barbaro

(Venezia 1453/54 - Roma 1493) umanista e filosofo italiano. Si formò alla scuola del cugino Ermolao il Vecchio, vescovo di Verona, e successivamente alla scuola romana di Pomponio Leto e di Gaza. Fu ambasciatore della Serenissima e nel 1491 fu creato patriarca di Aquileia. Nel 1475-76 commentò le opere morali di Aristotele nell’università di Padova; tradusse le Paraphrases aristoteliche di Temistio e le opere dialettiche del grande filosofo greco. La cura filologica nella lettura dei testi lo portò a osteggiare le interpretazioni arabe e medievali della filosofia peripatetica (che egli considerava, fra l’altro, rozze nello stile) e a proporre, contro gli averroisti, in polemica anche con Ficino e Pico, un rinnovamento degli studi aristotelici. Scrittore elegante ma freddo nel suo latino, ha...

(Mirandola, Modena, 1463 - Firenze 1494) filosofo e umanista italiano. Conte, signore di Mirandola e Concordia, compì gli studi a Ferrara, Bologna, Pavia e Padova, stringendo amicizia con F. Beroaldo il Vecchio e coltivando lo studio delle lingue e del pensiero ebraico e arabo. Si stabilì poi a Firenze, dove, in buoni rapporti col Magnifico, si aprì alla poesia, al platonismo ficiniano e, con la scoperta dei libri cabalistici, a una visione del mondo insieme appassionata e affascinante, fondata sul rapporto mistero-rivelazione. Nel corso del 1486 concepì ed elaborò il disegno di radunare a Roma, a sue spese, un concilio di dotti impegnati a discutere la possibilità di una mediazione tra le varie teorie filosofiche e religiose: a tal proposito pubblicò una serie di tesi (Conclusiones, 1486),...

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