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Accanto alla serie delle commedie di Aristofane, giunta quasi a metà strada con cinque volumi editi e sei da pubblicare, la Fondazione Lorenzo Valla ne comincia un'altra che vede protagonista l'opera omnia di Sofocle: sono previsti nove volumi, sette con ciascuna delle tragedie rimaste e due con i frammenti. L'omogeneità del lavoro è garantita non soltanto dalle traduzioni (tutte di Giovanni Cerri con la sola eccezione dell'Elettra, che sarà tradotta da Bruno Gentili), ma anche dal testo critico, frutto del lavoro congiunto di Guido Avezzù e Andrea Tessier. A variare saranno solo gli autori del commento: stranieri come Oliver Taplin e Francis Dunn, italiani come Giulio Guidorizzi, Massimo Vetta, Giuseppe Zanetto (tutti e tre già coinvolti nel progetto Aristofane), lo stesso Cerri e Pietro Pucci. E proprio a Pucci, che insegna letteratura greca alla Cornell University, si devono introduzione e commento del primo dramma della serie, il Filottete, una delle ultime tragedie di Sofocle, rappresentata nel 409 e coronata dal primo premio. Come per altre vicende mitiche, si tratta dell'originale riscrittura di una storia che era già stata trattata da altri prima di Sofocle: sappiamo da Dione Crisostomo che sia Eschilo che Euripide si erano cimentati con la figura di Filottete; sempre grazie a Dione conosciamo alcuni aspetti delle due versioni precedenti. Non sapremmo tuttavia immaginare una resa del dramma umano di Filottete diversa da quella creata dalla fantasia di Sofocle: è difficile rimanere insensibili davanti al duro confronto che si scatena fra i tre personaggi principali: l'eroe reso aspro dalla solitudine e dalla malattia, il giovane Neottolemo, il subdolo Odisseo. Lungi dal costituire un banale e scontato happy end, l'intervento risolutivo del deus ex machina Eracle è l'unico modo possibile per rompere una tensione davvero insostenibile per qualsiasi spettatore e ribadire l'assoluta imperscrutabilità del volere divino.
Simone Beta
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