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Ho letto questo libro pochi giorni fa, mentre mi trovavo ad Amburgo per una breve vacanza. Non posso che confermare il giudizio di chi mi ha preceduto con la propria recensione: il racconto di Nossack è intenso, preciso, profondo come possono essere solo le parole di chi ha vissuto veramente la situazione che racconta. O forse siamo noi lettori a percepire in modo diverso il racconto di una testimonianza diretta? Io sicuramente mi sono sentita coinvolta - parola dopo parola - in modo pressochè totale da questo libro (che si legge in poco tempo ma fa riflettere per molto...), ed il giorno dopo aver letto la parola "Fine" non ho potuto fare a meno di andare davanti al monumento - di fronte alle Arkades - eretto in memoria delle vittime della Prima Guerra Mondiale, di "quelli che hanno dato le loro vite per quelle degli altri". Certo che passarci davanti dopo i bombardamenti del luglio 1943 deve aver fatto uno strano effetto... Al di là di tutto, comunque, consiglio un weekend ad Amburgo. Non fosse altro che per vedere come ha reagito la città alla propria distruzione, che risale a poco più di 60 anni fa... Quante cose ci insegna la storia, appena ci soffermiamo ad analizzarla...
Nell’estate del 1943 la città di Amburgo subì una serie di incursioni aeree, nome in codice "Operation Gomorrah", da parte del Bomber Command della RAF. La più pesante e distruttiva giunse nella notte fra il 27 e il 28 luglio. In quell’occasione, gli ordigni sganciati dai velivoli britannici produssero la prima tempesta di fuoco del secondo conflitto mondiale. Non si trattò di un “effetto indesiderato” del bombardamento, ma del risultato di una tattica accuratamente pianificata, che prevedeva la saturazione di un’area urbana di poche miglia quadrate mediante l’utilizzo in sequenza di bombe dirompenti ad alto potenziale, atte a scoperchiare gli edifici e ad ostruire le strade di macerie impedendo così l’intervento dei mezzi antincendio, e di spezzoni alla termite per appiccare le fiamme. Mentre il mostruoso rogo divampava nei quartieri operai di Hammerbrook, Borgfelde e Süd Hamm, provocando la morte di decine di migliaia di civili, lo scrittore Heinz Nossack si trovava oltre il fiume Elba, nella sua casa di campagna: da lì vide compiersi il tragico destino di Amburgo. Nei giorni seguenti fece ritorno in città. Lo attendeva la “visione dell’annientamento totale” (p.71): uno scenario di devastazione percorso dalla folla attonita dei sopravvissuti, che facevano ritorno in città dopo esserne fuggiti all’alba del 28 per timore di nuove incursioni. Il racconto “La fine. Amburgo 1943” (Der Untergang) è la cronaca dell’esplorazione di un paesaggio, urbano e psicologico, sconvolto da un atto di inaudita violenza e, al tempo stesso, un sofferto tentativo di elaborazione del lutto. L’orrore dello sterminio di massa è per sua natura indicibile, non si presta ad essere tradotto in forma letteraria. Solo le vittime, i morti, ne hanno penetrato il vero significato. Le testimonianze degli scampati possono solo tracciarne vagamente i contorni, ma la profondità di quelle tenebre rimane insondabile. E’ quanto comprese Primo Levi, è quanto emerge dalle pagine dolenti di Hans Nossack.
Arthur Harris fu nominato comandante in capo dei Bomber Command nel febbraio 1942 e pensava freddamente alla necessità di colpire in massa i civili. Giudicò estremamente positivo l'esito del raid su Amburgo.Nell'introduzione,Gabriella Gribaudi scrive che "il collasso morale delle nazioni attraverso il bombardamento divenne il target principale della guerra: costringere i cittadini a chiedere la pace..." Scrive Nossack:"Sarebbe sbagliato,però,affermare che allora fossimo pronti alla sommossa e alla rivolta.A ingannarsi,su questo,non sono stati solo i nemici ma le nostre stesse autorità.Tutto procedeva molto tranquillamente e con una totale volontà di ordine...Altri pensano che allora noi fossimo troppo apatici per poterci ribellare.Nemmeno questo è vero.In quei giorni ognuno diceva quel che pensava,e fra la gente non c'era sentimento più estraneo della paura...Era,quello,un momento in cui l'essere umano si mostrava non più schiavo delle istituzioni". "E un'altra cosa:non ho sentito nemmeno una persona imprecare contro i nemici o attribuire a loro la colpa della distruzione...Una visione delle cose molto più profonda ci impediva di pensare a un nemico che potesse aver causato tutto questo.Ai nostri occhi era anche lui tutt'al più uno strumento di potenze inconoscibili che desideravano annientarci.Allo stesso modo,non ho incontrato nemmeno una persona che trovasse conforto nel pensiero di una vendetta". "Tutto ciò va detto una volta e per sempre. Torna infatti a gloria dell'uomo aver vissuto con tanta grandezza il proprio destino nel giorno del giudizio. E questo,anche se è stato così per un breve momento...". Nossack fu l'unico scrittore tedesco a scrivere un memorandum straordinario sul martirio apocalittico di Amburgo negli ultimi di luglio del 1943: lo portò a termine nel novembre di quell'anno,con il chiaro intento di non dimenticare i fatti e le emozioni di quella tragedia, che per la RAF fu un episodio glorioso ripetuto molte altre volte. Harris fu fatto baronetto e oggi viene citato come Sir Arthur Harris.
Recensioni
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Come negli scorsi anni La Germania bombardata di Friedrich e la Storia naturale della distruzione di Sebald, anche il libro di memorie di Nossack affrontò a suo tempo il tema dei bombardamenti alleati in Germania durante la seconda guerra mondiale. Nel luglio del 1943 Amburgo venne infatti rasa al suolo dalla Royal Air Force e dal Bomber Command. Gli attacchi aerei sulla città durarono quattro notti e quattro giorni. Il numero delle vittime compiuto dai raid di 1.800 bombardieri fu tra le sessanta e le centomila. A questo tragico bilancio si aggiungano le migliaia di sfollati che riuscirono a fuggire dalle loro case in fiamme. La tempesta di fuoco li sorprese nel cuore della notte e li costrinse ad abbandonare tutto per mettere in salvo almeno la vita. Si riversarono sulle strade senza portare nulla con sé. Non avevano né vestiti, né denaro, né oggetti di valore. Si ritrovarono d'un tratto nullatenenti e senza fissa dimora. L'autore dell'opera è uno di coloro che, come tantissimi, perse tutto dall'oggi al domani e che all'improvviso dovette reinventarsi da capo un'esistenza, un lavoro, un'identità. I bollettini ufficiali del Reich sminuirono l'accaduto e ridussero considerevolmente il numero dei morti, ma in realtà il problema degli sfollati fu di difficile gestione per le stesse autorità. Ma quale fu l'obiettivo degli Alleati in una guerra totale che non aveva rispetto nemmeno per i civili? Su Amburgo, insieme alle bombe, caddero anche montagne di volantini che annunciavano, con numeri e statistiche alla mano, la sconfitta pressoché imminente della Germania. Gli Alleati sperarono che i tedeschi si opponessero al regime, e lo rovesciassero, per arrivare il prima possibile alla capitolazione del Reich A differenza dell'Italia di Mussolini, però, la Germania del führer mantenne un controllo strettissimo sulla società.
Francesca Somenzari
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