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Uno dei testi più citati e meno letti della storia della filosofia politica. Un classico profetico. Oggi più attuale che mai
«Il primo libro che coglie appieno i mutamenti destinati a dilagare in tutto il mondo. Un vero capolavoro» - George Gilder, The Washington Post
«Un'affascinante cornice storico-filosofica in cui leggere il ventunesimo secolo» - Tom Wolfe
Fin dalla sua prima apparizione nel 1992, "La fine della storia e l'ultimo uomo" ha infiammato il dibattito pubblico. Prendendo spunto da questo libro diventato immediatamente incandescente (o, forse, solo dal suo titolo provocatorio), si interpretava l'attualità: la caduta del muro di Berlino aveva davvero posto fine allo scontro ideologico decretando la definitiva vittoria delle democrazie liberali? La direzione su cui procedeva la Storia umana era ormai canalizzata e irreversibile? Per decenni, giornalisti, storici e politologi hanno gareggiato nel fornire prove che confutassero questa tesi. Da un colpo di stato in Perù a una fase transitoria di stagnazione economica mondiale, fino agli attentati dell'11 settembre 2001, decine di esempi sembrarono smentire le argomentazioni di Fukuyama. Credendo di contestare l'idea di fondo del libro, in molti lo hanno citato e criticato, anche se forse solo in pochi lo avevano letto e compreso appieno. Perché in questo volume, rimasto nei decenni come un classico del pensiero politico, Fukuyama non si limita ad analizzare la fine dei regimi autoritari che devastarono il ventesimo secolo, ma tenta di delineare i nuovi, possibili pericoli che in futuro avrebbero minacciato la stabilità dell'ordine democratico. Nazionalismo e sovranismo, fondamentalismo religioso e progresso scientifico avrebbero messo l'ultimo uomo di fronte a una nuova sfida, non più legata all'assetto economico sociale scelto dalle istituzioni, ma a un ben più profondo bisogno di riconoscimento identitario. Un'idea visionaria. Una sfida a cui, a quasi trent'anni di distanza, tutti i governi liberali sembrano non aver ancora trovato una soluzione. «Confrontarsi con La fine della storia» infatti, sottolinea Gianfranco Pasquino nella nuova prefazione, «obbliga a riflessioni approfondite che sentiamo, oggi più di ieri, indispensabili, urgenti, feconde.» Con e-book scaricabile fino al 30 giugno 2020.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
"Uno dei testi più citati e meno letti" - dice la pubblicità? Meno male, aggiungiamo noi. Perché infatti perdere tempo con queste scemenze? Domanda semplice: è forse "finita la storia"? Viviamo nel mondo migliore possibile dopo che il professor Fukuyama ci ha erudito sul futuro dell'umanità? Tipico esempio del nulla trasformato dal marketing. Forse potrà esser servito a chi è completamente (ma proprio completamente) digiuno di storia e politica. Vabbè. Speriamo che sia stato di ispirazione per salpare verso più alti lidi. Tale e quale l'altra grande bolla di sapone dello "scontro di civiltà" di Huntington. Cestino, anzi: nella stufa nelle sere d'inverno (peccato la carta bruci subito, ma è il destino che si merita).
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