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Terzo episodio di una trilogia avviata con Morte a Breslavia e La fine del mondo a Breslavia, Fortezza Breslavia impegna Eberhard Mock, rimosso dal suo incarico nella Kriminalpolizei, ma ancora intenzionato a investigare, in una nuova indagine. Mescolando dettagli storici legati all'avanzata sovietica verso Breslavia del marzo-aprile 1945 a particolari cruenti di un omicidio preceduto da stupro, Marek Krajevski imbastisce un'opera ibrida che non manca di trascinare il lettore. Non ne esce certo un capolavoro, né un romanzo storico degno di tale definizione, bensì un giallo dagli esiti inattesi, ma piuttosto banali. Eberhard Mock decide di indagare sull'efferato assassinio della giovane nipote di una contessa antinazista. I particolari macabri non sono risparmiati, nella maggior parte dei casi emergono attraverso durissimi interrogatori e relative confessioni di orge e violenze, che rivelano non solo la crudeltà, ma anche la decadenza irrefrenabile dei nazisti superstiti alla guerra, ossessionati del senso della fine, della sconfitta, della morte imminente. Lo stupro e l'assassinio, descritti come la scena culmine di un film horror, a una prima indagine paiono l'opera non isolata di un soldato sovietico, deciso a prendersi il proprio bottino di guerra, forse animato anche da un indefinito, ma pregnante desiderio di vendetta. A Mock l'ipotesi pare immediatamente inverosimile e inizia a indagare immergendosi nei fanghi reali e metaforici di una Breslavia alla fine dei suoi giorni, per lo meno in quanto città tedesca, destinata a essere restituita a breve al territorio polacco, con il nome di Wroclaw. Marek Krajevski, molto apprezzato e conosciuto presso il grande pubblico in patria, confeziona romanzi accattivanti, ma piuttosto improbabili e, a tratti, insulsi; Fortezza Breslavia non fa eccezione. Fa da antidoto a questo tipo di narrazione una vivace ironia, anche se risulta più adatta ai tempi correnti piuttosto che ai fatali ultimi giorni della seconda guerra mondiale.
Donatella Sasso
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